Ci sono romanzi che mi arrivano per fortuna tardi nella vita, quando ho quarant'anni e riesco a comprenderli meglio di quanto mi sarebbe accaduto a venti, diciotto, tredici.
Uno di questi è "Fiume di terra" di James Still (Mattioli 1885, traduzione e cura di Livio Crescenzi), uscito nel 1940, un anno dopo "Furore" di Steinbeck.
Ho smesso da tempo di scrivere recensioni, mi annoiano, e questo romanzo è di una bellezza rara, con quella profondità che hanno solo i classici e recensirlo, scriverci sopra qualcosa lo uccide e lo sto uccidendo anche io.
Va solo letto.
Lo puoi leggere nel 1940, nel 1980, nel 2019, nel 2050 e ti parla sempre perché anche se in questo romanzo si parla di minatori, di Appalachi, di contadini, di ragazzini, di cavalli questo romanzo, esattamente come scrive Livio Crescenzi, parla della condizione umana che travalica congiunture economiche, politici di turno, elezioni, cambiamenti industriali e che si fa insieme eterna e finita.
Una condizione umana che dura il tempo di una stagione e di un'adolescenza, di un fiume che scorre e di una tomba, di una miniera che chiude e di un bimbo che muore, della miseria e di un pranzo condiviso, del sangue che scorre e dei racconti che risalgono ai nostri avi.
Una condizione umana che ha il sapore del racconto dei bambini che si fanno adulti e non dimenticano di essere stati bambini.
Non dimenticano le sofferenze e il suono che hanno le storie quando ci bussano alla porta del cuore e ci fanno male, ci fanno ridere, ci fanno piangere, ci fanno paura, ci fanno addormentare.
E mentre scrivo queste due righe la mia compagna che era appena tornata dal lavoro è uscita nuovamente, per sbrigare altre faccende, per guadagnare due soldi, per il lavoro a chiamata.
E quelli sotto sono i miei parenti che hanno sempre vissuto nella miseria, con grande dignità, sopravvivendo con la schiena diritta e non accumulando mai un soldo.
Sono la mia nonna materna, la mia bisnonna materna, mio zio e la sorella di latte morta da poco con i vestiti della festa e della banda.
Mangiavano polenta e poco altro.
Facevano la fame.
Mio zio andava in giro a chiedere a questo e a quell'altro.
Sono sopravvissuti per puro caso.
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