Archivio blog

sabato 29 giugno 2019

due righe su "Rovina" di Simona Vinci (Einaudi)




Nei giorni scorsi sono salito a piedi fino in vetta a una montagna altra 1500 metri da cui si poteva ammirare un panorama mozzafiato sui laghi, sulle Prealpi e sulle Alpi. 
La fatica che si mescola alla bellezza della Natura ma poi guardando più in basso, nemmeno troppo, mi sono sentito quasi male scontrandomi con le case vista lago costruite ovunque sulle pendici delle colline e delle montagne, coi piani regolatori fallimentari e ipocriti, con la fittissima selva di gru. Si sa il mattone fa girare il mondo. Sono anni che sento parlare di saldo negativo delle nascite, di bolle immobiliari, di terreno consumato, di rispetto per la natura ma ogni giorno non faccio che incontrare nuovi cantieri, nuovi terreni spolpati e scavati, villette o palazzine di qualche piano per far posti a nuovi complessi residenziali che vivono di eccellenze e favolose offerte per far crescere figli e vivere gli ultimi istanti della tua vita. Nella testa l'eco di discussioni fine-vita sull'opportunità di abbattere oppure no ville storiche.

Ho letto “Rovina” racconto-saggio di Simona Vinci (Einaudi) mentre a Piacenza si consumava l'ennesima operazione della magistratura sulle infiltrazioni della 'ndrangheta, che tanto infiltrazioni ormai lo sono nemmeno più. 

In queste pagine Simona Vinci, da straordinaria scrittrice quale é,  ricostruisce con una empatica pluralità di voce l'ennesimo caso, in questo caso sulla via Emilia, fra Parma e Reggio Emilia, di speculazione edilizia, corruzione, mafia, distruzione del territorio, sogni di arricchimento personale, progetti di restituire un senso alla propria vita, sfruttamento lavorativo, rovina, disgregazione del tessuto sociale. E lo fa dando voce in prima persona alla figlia, infermiera, proprietaria di quel terreno che venderà perché così tanti soldi in vita sua non ne ha mai visti e perché nelle truffe si fa sempre fatica a cadere e dovrà  vedrà sorgere l'ennesima cattedrale nel deserto; al geometra responsabile dei lavori che accetta di entrare in affari con la 'ndrangheta perché dire di no non è mai facile; a una coppia che vede in questo nuovo complesso in costruzione la possibilità di dare stabilità alla propria famiglia e che invece finisce per perdere tutto; a una maestra che assiste all'omicidio della donna della cosca e che dietro la saggezza popolare rivela le complicità di tutti coloro che vedono, sanno e fingono di non sapere nulla; l'operaio edile che su quei cantieri irregolari ci lavora spaccandosi la schiena e rischiando ogni giorno di morire, sempre sotto ricatto, sfruttato; l'imprenditrice che non si ferma davanti a niente e nessuno; e Simona Vinci, che racconta di se stessa, di cosa significa vivere e camminare (e fotografare) in quei territori amati e vissuti e poi sfruttati e vilipesi e annientati, in quei complessi costruiti per soddisfare bisogni indotti, per garantire a tutti il proprio spazio unicellulare.

E intanto territorio viene devastato, prosciugato.

Un racconto doloroso, quasi accecante nella sua limpidezza e che mi ha fatto pensare a una donna molto legata a mia madre e che era nata e cresciuta nel suo stesso cortile. Mia madre aveva fatto la baby-sitter a sua sorella Angela. Si era sposata con un muratore calabrese che faceva piccoli lavori in proprio. Suo figlio da piccolo era uno dei migliori amici. Un'impresa edile di piccole dimensioni. Poi a un certo punto si cominciò a vederla girare con macchine gigantesche, quasi fuori portata. La gente sussurrava, non diceva nulla. Vita agiata, soldi, gioielli, parrucchieri, appalti. Poi alla fine la stangata. L'inchiesta. Questa

Quando è morta mia madre lei è venuta a porgermi le condoglianze perché era molto legata sin dall'infanzia a mia madre e a mia nonna. Era distrutta da tutto quanto le era successo e dalla morte di mia madre.  Avrei voluto rivolgerle qualche domanda, parlare con lei ma ci siamo limitati ad abbracciarci forte come succedeva quando ero piccolo e lei mi prendeva per mano e mi diceva di non avere paura. Come se quel giorno volesse chiedere perdono per tutto quanto era successo. Istantaneamente quel giorno l'ho perdonata per tutto. 
Anche se poi la sto ancora comprendendo.
E quando ci penso mi incazzo e mi sale la nausea.
Ma non è facile vivere. 
Non è per niente facile.
Anzi.


NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS - STORICA SENTENZA CONTRO L’ERGASTOLO. SOSTIENI NESSUNO TOCCHI CAINO

NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS

Anno 19 - n. 26 - 29-06-2019 

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : STORICA SENTENZA CONTRO L’ERGASTOLO. SOSTIENI NESSUNO TOCCHI CAINO
2.  NEWS FLASH: LO STATO DELLA PENA DI MORTE NEGLI USA
3.  NEWS FLASH: USA: CHARLES RAY FINCH ESONERATO DAL BRACCIO DELLA MORTE DEL NORTH CAROLINA
4.  NEWS FLASH: PAKISTAN: CONDANNA A MORTE COMMUTATA IN ERGASTOLO
5.  NEWS FLASH: VIETNAM: CONDANNATO INGIUSTAMENTE A MORTE OTTIENE RISARCIMENTO
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA : OSTIA: 29 GIUGNO 2019, SUPER EVENTO CALCISTICO DI BENEFICENZA ‘NAZIONALE ITALIANA POETI VS NAZIONALE GIORNALISTI RAI’


STORICA SENTENZA CONTRO L’ERGASTOLO. SOSTIENI NESSUNO TOCCHI CAINO

Cara/o registrata/o alla newsletter di NTC

ti chiediamo di sostenere le lotte di Nessuno tocchi Caino con la tua iscrizione per l’anno 2019 e con la devoluzione del tuo 5x1000. 

Il 13 giugno 2019, abbiamo ottenuto un nuovo successo e conseguito un altro risultato storico! Con la sentenza Viola contro Italia, la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha infatti condannato l’Italia perché l’ergastolo “ostativo”, come disciplinato dall’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario, è contrario all’art 3 della Convenzione europea per i diritti umani che vieta la tortura, i trattamenti e le punizioni inumane e degradanti. 
Secondo la Corte, infatti, l’ergastolo ostativo è una forma di punizione perpetua e incomprimibile che nega il diritto alla speranza, il diritto che deve essere riconosciuto a ogni detenuto, a prescindere dal reato commesso, di potere un giorno – grazie al proprio cambiamento – chiedere di varcare la soglia del carcere ed essere riammesso nella società. È una sentenza molto bella, nella quale abbiamo sentito riecheggiare parole, pensieri, principi che ci hanno animati in questi anni di impegno nella campagna “Spes contra spem”, volta appunto a superare il cieco e assoluto sbarramento alla possibilità di tener conto del cambiamento maturato nel corso della pena. 
Ci sono dei passaggi importanti in questa sentenza – per la quale dobbiamo ringraziare Antonella Mascia, avvocato difensore di Marcello Viola – come quello in cui la Corte ricorda che il rispetto della “dignità umana” non può accettare il “fine pena: mai”, la condanna a una pena fino alla morte, la preclusione di ogni speranza per il condannato di ritornare un giorno alla vita sociale e civile. Ci sono passaggi coraggiosi in questa sentenza come quello in cui si mette in discussione la “collaborazione con la giustizia” quale unico indice di un avvenuto ravvedimento. Per la Corte, infatti, “l’equivalenza tra l’assenza di collaborazione e la presunzione assoluta di pericolosità sociale finisce per non corrispondere al reale percorso rieducativo” di un condannato che rischia per ciò di non potersi mai riscattare: qualsiasi cosa faccia in carcere, il danno arrecato è irrimediabile, la sua pena rimane immutabile, anzi, rischia di aggravarsi con il passare del 
 tempo. Insomma, la Corte lo dice a chiare lettere: la personalità del condannato non può restare congelata al momento del reato commesso. 
Nel censurare l’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario che vieta la concessione di benefici penitenziari, misure alternative al carcere e liberazione condizionale ai detenuti che non collaborino con la giustizia, la Corte di Strasburgo ha considerato l’ergastolo “ostativo” un problema strutturale – sono infatti circa 1.200 i detenuti che scontano questo tipo di pena – e ha chiesto all’Italia di modificare la legge, preferibilmente per via legislativa. 
Vedremo se e come interverrà il Parlamento. Intanto, però, sappiamo che la Corte Costituzionale italiana dovrà pronunciarsi su altri casi di ergastolo “ostativo”. Il primo è il caso di Sebastiano Cannizzaro e la notizia positiva è che, nella udienza del 22 ottobre prossimo, Nessuno tocchi Caino, rappresentato dal Prof. Andrea Saccucci, è stato ammesso come parte interveniente. Inoltre, anche il Comitato Diritti Umani delle Nazioni Unite ha deciso di ammettere il nostro ricorso collettivo che è stato sottoscritto da oltre 250 condannati all’ergastolo “ostativo”. 
È tanto quello che abbiamo costruito in pochi anni, dopo il Congresso di Nessuno tocchi Caino che abbiamo tenuto nel carcere di Opera nel dicembre del 2015 e che Marco Pannella aveva voluto fosse intitolato “Spes contra Spem”, il motto di San Paolo nella Lettera ai Romani. È partito tutto da Opera e da Marco che in quel congresso aveva chiamato alla lotta e implorato di essere speranza i condannati a non avere speranza, gli ergastolani che hanno poi risposto ritmando con lui: “C’est n’est qu’un debut, continuons le combat”. 
Quel Congresso è stata anche l’occasione per realizzare con i detenuti e il personale dell’amministrazione penitenziaria il docu-film di Ambrogio Crespi “Spes contra Spem - Liberi dentro” che ha contribuito anch’esso al successo conseguito con la sentenza della CEDU, scritta anche da alcuni dei giudici che hanno visto il docu-film quando è stato proiettato a Strasburgo. 
E poi ci sono stati i Laboratori Spes contra Spem che da ormai quattro anni animiamo nelle sezioni di alta sicurezza di Opera, Parma, Voghera, Rebibbia e Secondigliano, insieme ai condannati all’ergastolo che sono oggi persone diverse rispetto a quelle del reato, prova vivente di quello che ha scritto nella sua sentenza la Corte di Strasburgo: la personalità del condannato non resta fossilizzata per sempre al momento del reato commesso. 
Per spiegare come sia potuto accadere tutto questo e in così poco tempo, non bastano le categorie del diritto, della politica o delle scienze sociali, forse è più esatto richiamare l’esempio di Marco, il modo di pensare, di sentire e di agire che ha connotato la sua vita: cercare di essere il cambiamento che vuoi vedere nel mondo, di incarnare la speranza contro ogni speranza, di vivere nel senso e nel modo in cui vuoi che vadano le cose. In questo senso, i condannati all’ergastolo che sono divenuti persone diverse da quelle del reato e che contro ogni speranza sono stati speranza, hanno con ciò liberato oltre che se stessi anche le menti dei giudici di Strasburgo. 
Questa lotta per il pieno riconoscimento del diritto alla speranza nel nostro Paese e nel mondo dobbiamo proseguirla ed estenderla. È lotta volta a superare radicalmente il sistema di pene crudeli, inumane e degradanti, quel perverso gioco di specchi per cui alla violenza e al dolore del delitto debba necessariamente corrispondere la violenza e il dolore del castigo. Su questo sarà centrato il prossimo Congresso di Nessuno tocchi Caino che si svolgerà la metà di dicembre a Opera dove speriamo di vederti e di averti come nostro iscritto per questo straordinario 2019! 

ISCRIZIONE A NESSUNO TOCCHI CAINO (almeno 100 euro) 
Bollettino postale: intestato a Nessuno tocchi Caino, C/C n. 95530002 
Bonifico bancario: intestato a Nessuno tocchi Caino, IBAN IT22L0832703221000000003012 
Carta di credito: attraverso il sito www.nessunotocchicaino.it oppure telefonando al 335 8000577 

N. B. I contributi a Nessuno tocchi Caino sono deducibili dalle tasse in base al D.P.R. 917/86

5x1000 A NESSUNO TOCCHI CAINO
firma nel riquadro “Sostegno alle organizzazioni non lucrative, delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’art. 10 c. 1, lett d, del D. Lgs. N. 460 del 1997 e delle fondazioni nazionali di carattere culturale” e riporta il codice fiscale di Nessuno tocchi Caino 96267720587


Puoi leggere la sentenza della CEDU nel caso Viola contro Italia usando il link riportato sotto.

---------------------------------------

NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

LO STATO DELLA PENA DI MORTE NEGLI USA

Un’istantanea sullo stato della pena di morte negli Usa. La “scatta” il Death Penalty Information Center in occasione dell’esecuzione n° 1500 effettuata contro Marion Wilson il 20 giugno 2019. 
Nel 1972, con la sentenza Furman v. Georgia, la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiarò incostituzionale non la pena di morte, ma le leggi con cui nei vari stati veniva regolamentata. 4 anni dopo, con la sentenza Gregg v. Georgia la stessa Corte Suprema considerò sufficienti le modifiche apportate dai vari stati, e diede di nuovo il via libera alle esecuzioni, che ripresero il 17 gennaio 1977 con l’esecuzione di Gary Gilmore, una vicenda che fu al centro di un romanzo all’epoca molto famoso, “The Executioner's Song”, Il canto del boia, di Norman Mailer. Da Gilmore a Wilson, nell’arco di 42 anni, negli Stati Uniti sono state effettuate 1.500 esecuzioni. Lo studio del DPIC ritiene che però, allo stato delle cose, si stiano riproponendo tutti i problemi che nel 1972 portò alla dichiarazione di incostituzionalità delle leggi capitali, e l’esecuzione di Wilson ne è un chiaro esempio. Da tempo la Corte Suprema pone come punto fermo che si debba ricorrere alla pena di mor
 te solo per i “peggiori tra i peggiori assassini”. Ancora oggi però la pena capitale è invece arbitraria, perché risente della razza (del criminale e della vittima), della geografia (se un omicidio avviene dove la pena di morte è in vigore o no, o comunque dove i procuratori la perseguono oppure no), dei fattori economici, e della bravura e dedizione degli avvocati. Wilson, ad esempio, non era certo fosse colui che aveva sparato alla vittima, il processo non aveva chiarito a sufficienza se l’omicidio fosse stato compiuto materialmente da lui o dal coimputato Robert Butts (giustiziato nel 2018). Inoltre alcuni analisti avevano notato già all’epoca del processo che il caso era quasi identico ad un omicidio commesso nel 1995 in una contea confinante, quando nell’incertezza su chi avesse materialmente sparato entrambe gli imputati erano stati condannati all’ergastolo senza condizionale e non a morte. Come se non bastasse, all’interno dello stesso caso Butts/Wilson si 
 era verificata una forte sproporzione: la pubblica accusa aveva proposto a Wilson un accordo per non essere condannato a morte in cambio di una confessione, e a Butts questo accordo non era stato offerto. Wilson lo aveva rifiutato, e fino all’ultimo giorno della sua vita ha insistito di non essere lui il responsabile dell’omicidio. Al tempo del processo, l’avvocato d’ufficio di Wilson non aveva nessuna esperienza di casi capitali, e in seguito venne anche arrestato. Inoltre Wilson, lungi dall’essere uno tra i “peggiori tra i peggiori”, aveva una chiara storia di traumi e negligenze sin dai tempi dell’infanzia, che i suoi avvocati d’ufficio non approfondirono e non presentarono alla giuria popolare. Inoltre, in quanto uomo di colore, Wilson appartiene a una minoranza che all’interno dei bracci della morte è rappresentata con una forte sproporzione, e il tutto è avvenuto al Sud, ossia quella zona degli Stati Uniti che da sola compie l’80% delle esecuzioni. Un ulteriore spunto di riflessione offerto dall’approfondimento del DPIC è che la vittima, Donovan Parks, era un agente di custodia fuori servizio. In tutti gli stati dove è in vigore la pena di morte l’uccisione di un membro delle forze dell’ordine è un reato capitale, e però i dati degli ultimi 40 anni, e di 1500 esecuzioni dimostrano che l’uso della pena di morte non rende affatto più sicura la vita degli agenti. Analizzando i dati sugli omicidi stilati annualmente dal FBI (Uniform Crime Report, di cui Nessuno tocchi Caino pubblica ogni anno un riassunto), risulta che 8 tra i 9 stati con la percentuale più bassa di agenti uccisi in servizio non ha la pena di morte, e il 9°, il Wyoming, ha la pena di morte ma da tempo non la usa, e infatti il suo braccio della morte è vuoto. I 4 stati dove la pena di morte è in vigore ma che hanno la percentuale più basse di vittime tra le forze dell’ordine (Nebraska, Oregon, South Dakota, e Wyoming) fanno un uso molto limitato della pena di more: nessuno dei 4 stati ha infatti compiuto più di una esecuzione per decennio dal 1976 ad oggi. La 1500a esecuzione avviene in un momento in cui la pena di morte è da tempo in declino. Mentre gli Stati Uniti ci avevano messo sette anni per passare dalla esecuzione 500 alla 1000 (1998/2005), c’è voluto il doppio del tempo, 14 anni, per passare dalla 1000 alla 1500. Meno di 50 condanne a morte sono state imposte in ciascuno degli ultimi quattro anni, e tutte concentrate in pochi stati. Le esecuzioni sono diventate anche sempre più geograficamente isolate. Nel 2018, più della metà di tutte le esecuzioni si sono svolte in Texas e solo otto stati hanno compiuto esecuzioni. Ma se il numero di esecuzioni sta diminuendo, non diminuiscono i problemi. 165 persone sono state “esonerate”, ossia prosciolte dopo una iniziale condanna a morte. Questo significa che una persona viene riconosciuta innocente e scarcerata ogni 9,1 persone giustiziate. Da quando la pena di morte è state reintrodotta, più di 200 persone sono state giustiziate ai sensi di leggi che in seguito sono state dichiarate incostituzionali. Ad esempio, prima della sentenza del 2002 che dichiarava incostituzionale giustiziare i portatori di deficit intellettivo (Atkins v. Virginia), almeno 43 persone con disabilità intellettuale erano già state giustiziate. E anche dopo Atkins v. Virginia in Texas è stato usato uno standard di valutazione del deficit intellettivo che ha consentito di giustiziare 20 persone che in altri stati non sarebbe stato possibile giustiziare, e che oggi nemmeno il Texas potrebbe più giustiziare dopo che la legge statale in materia è stata dichiarata incostituzionale nel 2017 con la sentenza Moore v. Texas. Prima del 2005, quando la sentenza Roper v. Simmons lo rese incostituzionale, 22 persone erano state giustiziate per reati compiuti quando ancora erano minorenni. La Florida ha giustiziato 23 persone che erano state condannate utilizzando una legge sulle attenuanti che in seguito è stata dichiarata incostituzionale, e almeno altre 90 persone sono stete giustiziate in altri stati prima che diventasse incostituzionale applicare le attenuanti solo se direttamente collegate al reato in questione, e non alla storia personale dell’imputato. Altre 11 sono state giustiziate senza l’unanimità della giuria popolare, oggi obbligatoria almeno in parte del processo in tutti gli stati. Anche le esecuzioni più recenti continuano a mostrare problemi: delle 25 persone giustiziate nel 2018, almeno 18 avevano evidenti problemi di salute mentale, di danno cerebrale, di disabilità intellettiva o di traumi infantili cronici. Dei 25, tre hanno accelerato volontariamente l’esecuzione rinunciando ai ricorsi, e un quarto (non compreso nelle 25 esecuzioni) che riteneva che l’iter di esecuzione non fosse sufficientemente rapido si è suicidato. 
(Fonti: DPIC, 24/06/2019)


USA: CHARLES RAY FINCH ESONERATO DAL BRACCIO DELLA MORTE DEL NORTH CAROLINA

Charles Ray Finch è stato aggiunto il 26 giugno 2019 con il n° 166 alla “lista degli esonerati” del DPIC, ossia la lista delle persone che, dal 1973 ad oggi sono state prima condannate a morte negli Stati Uniti e in un secondo tempo completamente assolte. La “lista degli esonerati” va anche sotto il nome di “Innocence List”. Finch era stato scarcerato il 23 maggio dal braccio della morte del North Carolina su disposizione del giudice federale Terrence Boyle (United States District Court for the Eastern District of North Carolina) che aveva disposto la scarcerazione di Finch, e contestualmente aveva dato 30 giorni di tempo alla pubblica accusa della Wilson County per decidere se ripetere il processo. 
Considerato quanto poco rimanesse valido del vecchio processo, sembrava improbabile che il processo potesse essere ripetuto, e infatti il 14 giugno il Procuratore Distrettuale, senza darne notizia preliminare né alla difesa né alla stampa, ha ritirato tutte le accuse. Finch, che oggi ha 81 anni, nero, venne condannato a morte nel 1976 con l’accusa di aver ucciso Richard Holloman, proprietario di un negozio, durante una rapina il 13 febbraio 1976. 
Nel 1977, la Corte Suprema di stato ridusse la pena in ergastolo in applicazione di una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti che aveva dichiarato incostituzionale la legge in vigore all’epoca che prevedeva l’obbligatorietà della pena di morte per determinati reati. Il 25 gennaio 2019 la Corte d'Appello del 4° Circuito aveva stabilito all’unanimità che Finch avesse diritto a chiedere l’annullamento del proprio verdetto di colpevolezza, e a tale scopo aveva rinviato il processo alla corte di grado inferiore. Nella sentenza la corte d’appello federale aveva definito l’imputato “actually innocent” (effettivamente innocente), e radicalmente criticato gli elementi di prova contro Finch. All’epoca del primo processo un perito balistico aveva testimoniato che un bossolo di fucile ritrovato all’interno dell’auto di Finch apparteneva all’arma che aveva ucciso la vittima. Nel 2013 una revisione dell’autopsia indicò che la vittima fosse stata uccisa da un 
 colpo di pistola, non di fucile, e un perito balistico della polizia confermò che il bossolo ritrovato nell’auto di Finch non poteva essere collegato all’omicidio. Inoltre la corte d’appello aveva “demolito” i 3 confronti ai quali era stato sottoposto Finch. L’imputato infatti era stato mostrato al principale testimone oculare dell’omicidio, Lester Floyd Jones, e ad un testimone secondario, dopo avergli cambiato gli abiti e avergli fatto inossare abiti molto simili a quelli che i testimoni riferivano di aver visto. Inoltre Finch era stata l’unica persona mostrata ai testimoni oculari con indosso gli abiti indicati, mentre gli altri erano vestiti diversamente. Da allora, questo modo di effettuare i riconoscimenti di persona è stato dichiarato incostituzionale. Dopo la sentenza della Corte d’Appello federale, il Procuratore Generale dello Stato, Josh Stein, si era unito agli avvocati di Finch nel chiedere la scarcerazione dell’uomo. Il caso di Finch dal 2001 vien
 e seguito dagli avvocati della “Duke Wrongful Convictions Clinic”. Secondo le statistiche del Death Penalty Information Center innocence, il caso di Finch è il 10° su 166 in cui sono serviti oltre 30 anni perché un condannato vedesse riconosciuta la propria innocenza. Tutti questi 10 casi “trentennali” vedevano come imputati uomini di colore. In 18 casi su 166 (più del 10% dei casi) il proscioglimento ha richiesto più di un quarto di secolo. Come già notato il 20 giugno in occasione della esecuzione n° 1500 dal 1977 ad oggi negli Stati Uniti, ogni 9 persone giustiziate, c’è stato un caso di proscioglimento.
(Fonti: DPIC, 26/06/2019)


PAKISTAN: CONDANNA A MORTE COMMUTATA IN ERGASTOLO

La Corte Suprema pakistana il 21 giugno 2019 ha annullato la condanna a morte emessa nei confronti di un omicida nel 2007, commutando la sentenza in ergastolo.
Un collegio di tre membri, presieduto dal giudice Asif Saeed Khosa e comprendente il giudice Sardar Tariq Masood e il giudice Qazi Mohammad Amin, ha pronunciato il verdetto.
Il detenuto, Karim Nawaz, è stato dichiarato colpevole di aver ucciso sua sorella, suo fratello e una cognata a Mianwali. Un tribunale di primo grado aveva condannato Nawaz a morte sulla base di tre accuse di omicidio e una di terrorismo.
Il condannato si era in seguito riconciliato con la sua famiglia. Successivamente, le tre condanne per omicidio furono ritirate dal tribunale, ma la condanna per terrorismo era stata confermata.
In appello, sia l'Alta corte di Lahore che il tribunale supremo avevano confermato la condanna a morte per terrorismo.
Contro la commutazione della sentenza, il procuratore generale ha detto che il detenuto ha ucciso tre persone e ora chiede aiuto.
Su questo, il giudice presidente ha detto che il crimine sembra essere stato commesso in un impeto di rabbia temporanea.
I giudici della Corte Suprema hanno allora deciso di convertire la pena di morte in ergastolo.
(Fonti: dawn.com, 21/06/2019)
Per saperne di piu' : 

VIETNAM: CONDANNATO INGIUSTAMENTE A MORTE OTTIENE RISARCIMENTO

Un uomo vietnamita di 82 anni è stato risarcito con 6,7 miliardi di dong (287.500 dollari Usa) per essere stato ingiustamente riconosciuto colpevole e condannato a morte.
Tran Van Them è stato accusato, riconosciuto colpevole e condannato a morte nel 1973 e nel 1974. È stato dichiarato innocente solo nel 2017.
Them, un residente del distretto di Yen Phong nella provincia di Bac Ninh, un'ora a nord-est di Hanoi, ha ottenuto il risarcimento per i 2.000 giorni, o sei anni, trascorsi in carcere e per gli oltre 14.530 giorni da quando è stato rilasciato su cauzione.
Lui e la sua famiglia inizialmente avevano chiesto un risarcimento di 15 miliardi di dong per la sua drammatica vicenda, che includeva due condanne a morte. Dopo lunghi negoziati, hanno accettato meno della metà della loro richiesta, perché "abbiamo aspettato troppo a lungo" e Them "è già troppo vecchio e la sua salute è andata progressivamente peggiorando", ha affermato la famiglia.
Secondo quanto riferito dalla polizia, Them e suo cugino Nguyen Khac Van stavano per acquistare beni nella provincia di Vinh Phu, che ora è stata divisa nelle province di Phu Tho e Vinh Phuc, il 23 giugno 1970.
Mentre dormivano sotto un riparo di fortuna usato da un barbiere di strada durante il giorno, furono aggrediti e derubati. Van fu colpito alla testa e Them fu ferito. Van morì in ospedale più tardi e la polizia concluse che Them avesse commesso la rapina e l’omicido.
Al processo di primo grado nel 1973 fu condannato a morte e la condanna fu confermata nel 1974. Them rifiutò di ammettere la colpevolezza e affermò di essere innocente.
Nel 1976 fu rilasciato dopo che un uomo del posto ammise il crimine. Ma quella persona morì nel 1984, prima che la corte riaprisse il processo.
Poiché gli investigatori non continuarono a indagare sul caso lasciandolo irrisolto, Them presentò una petizione nel 1997, chiedendo alla Corte suprema di rivedere il caso, ma nulla mutò.
Il 6 dicembre 2004, Them presentò un'altra petizione, ma a quel punto i membri del Consiglio di Giustizia della Corte Suprema del Popolo avevano distrutto tutti i file dei processi di prima istanza e di appello. Ciò ha permesso alla polizia di iniziare le indagini di nuovo in linea con i regolamenti.
Undici anni dopo, gli investigatori hanno raccolto prove sufficienti per chiudere il caso e affermare l'innocenza di Them.
L’8 agosto 2016 gli investigatori hanno deciso di chiudere le indagini su Them e la Corte Suprema ha riconosciuto la sua innocenza. Tre giorni dopo, la Corte si è pubblicamente scusata con Them. Nel 2017, la Corte suprema ha cancellato tutti i precedenti penali relativi a Them e ha iniziato a negoziare il risarcimento. (Fonti: vietnaminsider.vn, 22/06/2019)

---------------------------------------
I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA


OSTIA: 29 GIUGNO 2019, SUPER EVENTO CALCISTICO DI BENEFICENZA ‘NAZIONALE ITALIANA POETI vs NAZIONALE GIORNALISTI RAI’
Il 29 giugno Ostia e l'Ostiamare ospiteranno, presso il Centro Sportivo "ANCO MARZIO" di Via Amenduni, un meraviglioso evento calcistico benefico, promosso su iniziativa di Michele Gentile e che vedrà la nazionale italiana Poeti scendere in campo contro quella dei Giornalisti Rai. 
L'evento, patrocinato da Nessuno tocchi Caino, sarà incentrato sul tema della "LEGALITA' E GIUSTIZIA SOCIALE" A CARATTERE NAZIONALE, vedrà il suo ricavato andare interamente devoluto all'Ass.LIBERA di Don Ciotti.
Sarà un evento sportivo, ma nel quale ci sarà spazio importante per la musica e per le risate...con la partecipazione straordinaria di GABRIELE MARCONI.
Vi aspettiamo allora, il 29 GIUGNO, dalle ore18, per vivere tutti insieme una fantastica giornata di sport e cultura per la legalità.
info e biglietti (3 euro a ticket)
Mob:3482280622


.............

Per maggiori informazioni: http://www.nessunotocchicaino.it


giovedì 27 giugno 2019

Gino il Tossico e piccole questioni sul risparmio energetico




Conosco Gino il Tossico da sempre. Ha 55 anni e si fa da quando è tornato dalla leva. Dentro e fuori le comunità di recupero e il carcere. È stata la prima persona dal vivo che ho visto farsi in vena. Successe che ero un ragazzino. Stavo camminando per i campi di frumento verso la stazione ferroviaria quando lo vidi che si infilava l'ago nel braccio e poi si accasciava su se stesso. Quella era una zona dove le puttane ci portavano i clienti, gli spacciatori smazzavano la loro roba e che gli studenti attraversavano per andare a prendere il treno. In quella zona ho visto puttane scopare, fare pompini, lavarsi la figa e ho visto clienti conosciuti e sconosciuti togliersi il preservativo, pisciare, tornare a casa e al lavoro. 
Oltre che di droga Gino è sempre stato un grande appassionato di calcio, politica e religione. 
Dice di essere ancora un cattolico praticante ed è un gran conservatore su molte questioni e se staa bene e non è in galera o impegnato in qualche storia del cazzo, va in chiesa, scommette sulle partite e gira per i vari campi della zona. 
È un insegnante mancato. 
Fu uno dei testimoni della nostra cavalcata con un campionato fatto di sole vittorie e poi di quel torneo serale trionfale. Mi seguì, di persona o per sentito dire, nel mio spostamento calcistico fuori paese. Mi ha sempre detto che avrei dovuto trovare un allenatore capace di trovarmi la mia vera posizione. Ma io avevo e ho ancora una testa matta e insofferente.
In altri anni l'ho poi trovato in situazioni di spaccio che vendeva roba a ragazzini della mia età. Se gli avessi chiesto una dose non credo che si sarebbe fatto problemi a vendermela. Altre volte, sul lungolago, lo ricordo insieme ai suoi amici tossici a discutere, litigare, urlare, appisolarsi. Una volta li vidi prendersi a bottigliate e coltellate mentre tornavo da un concerto. Un'altra sera che lui era strafatto e io ubriaco ci dividemmo una confezione da sei di birre e gli raccontai che quella sera avevo conosciuto una ragazza bellissima e lui mi stette ad ascoltare nel mio noioso monologo. 
Ho saputo che è entrato in case di persone che gli hanno sempre voluto bene. 
Ha perso i denti, è ingrassato, è dimagrito, ha rischiato di morire. 
Eppure tutte le volte che mi vede da lontano e mi riconosce, mi viene sempre a salutare e non mi vergogno mai di stringergli la mano e di ascoltare i suoi deliri, le sue menzogne e pure le sue disamine sulle sorti del mondo. 
Dice che sono rimasto uno dei pochi a volergli parlare. 
Dice che forse é perché sono uno di quelli che non gli hanno mai dato dei soldi o perché sono un radicale o uno con mille problemi. 
Eppure non è così. 
Qualche moneta gliel'ho sempre data e le nostre vite sono state diverse seppur con molti punti di contatto. 
Lo faccio perché in fin dei conti parlo sempre con tutti.
E non so nemmeno perché oggi sto scrivendo di un tossico che parla sempre in dialetto, che ha delle braccia e delle mani inguardabili.
Che si porta al collo una croce in legno per non farsela fregare.
Che quando è morta mia madre è venuto al cimitero e mi ha fatto le condoglianze.
Forse perché oggi fuori dal supermercato c'era un suo sosia che in dialetto ticinese discuteva con un anziano delle sorti del FCLugano, del tempo, dell'aumento delle casse malati e di gente morta e sepolta e mi sono un po' commosso perché mi sono accorto che se sono cambiato in molte cose, in molte altre sono ancora quel ragazzino che non metteva steccati, parlava con tutti, imparava da tutti, litigava con tutti, piangeva per tutti, stava malissimo tutti i giorni e pensava solo a morire.

....






Vivo di contraddizioni, errori, cazzate e non mi permetto di fare la morale a nessuno sulle sue scelte.
Per combattere il riscaldamento globale & co, le piccole scelte individuali sono superflue ma le piccole scelte se messe insieme possono davvero diventare qualcosa di incisivo e magmatico.
Noi due per esempio cerchiamo di riciclare tutto il possibile anche se forse dovrei cercare di usare meno imballaggi e ne uso ancora troppi e capisco chi non ci riesce e si dà per vinto. 
Gli stessi vestiti usati non li buttiamo mai ma li affidiamo a coloro che aiutano gli abitanti bisognosi che vivono in montagna.
D'inverno tendiamo ad accendere il calorifero solo in caso di bisogno e ci vestiamo pesante.
Eccetera, eccetera... 
Ma chissà quante altre cazzate facciamo anche se ormai abbiamo smesso di usare l'auto per spostamenti non necessari e utilizziamo le nostre gambe per andare in centro o fare la spesa ma davvero, credetemi, non sono e non siamo i campioni degli ecologisti... però vi giuro che continuo a non capire un paio di questione, cerco di spiegarvele:

- nel palazzo affianco c'è un negozio di bici elettriche, che tra l'altro costano un occhio della testa, gestito poi pure da persone davvero antipatiche che hanno un'abitudine che non comprendo: lavare le biciclette da mettere in vendita con un getto continuo d'acqua. 
Tutto il giorno, tutti i sacrosanti giorni. E in giorni come questi dove le temperature arrivano fino ai 40 gradi, tutto quello spreco d'acqua annulla qualunque ipotetico beneficio di una bicicletta elettrica venduta. Tra l'altro producendo un rumore fastidioso e disturbante.

- nel mio palazzo, come probabilmente già sapete, ci sono le lavatrici in comune e anche una zona per stendere i capi appena lavati con una ventola di aria calda. Ecco, io capisco che nei mesi invernali e piovosi uno voglia approfittarne (noi non lo facciamo mai) ma d'estate e in generale nei giorni asciutti e caldi non capisco come si voglia utilizzare un marchingegno che sfrutta a mille l'energia prodotta dalla nafta e incide tra l'altro sul conguaglio di fine anno Il resto degli inquilini ci guarda storti quando stendiamo sul balcone (è vietato usare i fili esterni) e utilizziamo il sole e il caldo per asciugare i nostri panni. La stessa cosa per l'utilizzo delle lavatrici: che senso ha lavare ogni giorno, o nei tuoi turni, poca roba se puoi lavare qualche chilo di vestiti sporchi tutti insieme? Meno acqua consumata, meno soldi spesi, meno tempo perso.

Ma poi alla fine moriremo tutti.





mercoledì 26 giugno 2019

Veleno, Rovina, Israel, un Céline che consiglio, Mark Fisher, Julian Holter, Il bastardo






Che fatica che faccio a sopportare le starnazzanti casalinghe, madri, figlie, pensionate, sorelle, cognate, prozie, zie, nonne, bisnonne che chiacchierano e chiacchierano sulle scale o da balcone a balcone, da palazzo a palazzo.
Le sento in sottofondo anche se ho le cuffie e sto ascoltando musica.
La loro presunta saggezza femminile, materna, antica, popolare, proletaria, sociale profuma di marcio, consunzione, degrado.
Vili, vigliacche, pettegole, grette, stronze, ignoranti, servili, cattive, razziste, teste di cazzo.
Donne che si lamentano sempre di questo o di quello e poi scopro che hanno la casa di proprietà nei paesi di provenienza, hanno la macchina bella, si vantano di questo o di quello ma piangono ogni giorno miseria, sofferenze.
Io e la mia compagna non possiamo fare altro che litigare con queste stronze di merda e cercare di averci a che fare il meno possibile.
Preferisco farmi rampe e rampe di scale piuttosto che salire in ascensore con loro.
Preferisco andare a lavare a pagamento piuttosto che dividere dello spazio nel locale sotterraneo insieme a loro.
In passato sono sempre stato educato con loro.
Le ho aiutate, ascoltate e concesso loro favori.
Ho scambiato turni lavatrice, regalato biglietti del cinema, raccontato quanto stava accadendo a mia madre.
Ma ormai basta.
Le lascio perdere.
Quando non lavoro e ritornano sulle scale o mi metto le cuffie o esco.
Ma che orrore che mi trasmettono.

Che fortuna aver avuto compagne, madri, sorelle, zie, nonne, amiche, cugine completamente diverse.

.............



Sul mio tavolo, acquistati perché non sono mai sazio di letture. 


L'altro è "Rovina" di Simona Vinci (Einaudi) perché tratta di un argomento che mi sta molto a cuore e Simona scrive benissimo.

....




Poi eccolo finalmente sul mio tavolo "Spettri della mia vita. Scritti su depressione, hauntologia e futuri perduti" di Mark Fisher (Minimum Fax, traduzione di Vincenzo Perna) perché Mark Fisher era/è un intellettuale straordinario. E perché vivo da anni con la depressione sulla spalla e non smetto di riflettere su cosa sia il futuro.

....


L'ho già consigliato ma visto che fra non molto parte la campagna presidenziale statunitense 2020, lo consiglio come lettura estiva a tutti coloro che vorrebbero quantomeno scoprire la genesi di alcune delle tante contraddizioni del sistema politico e sociale statunitense. Leggendolo ho davvero sentito la voglia di rinascere in quegli anni e vivere quel fermento culturale incredibile che cambio' il mondo.

....

Da céliniano leggo ogni cosa di e su l'autore francese.

....



"Aviary" di Julia Holter è per me uno dei migliori dischi del 2018 ma in generale uno di quegli ascolti totalizzanti che adoro e mi mangio le dita per non esserci stato a Ferrara.

....


Bellissimo il Buongiorno di oggi di Mattia Feltri dedicato a Jovan Divjak.

....



martedì 25 giugno 2019

Due righe su "Istruzioni per un funerale" di David Means (Minimum Fax)



Amo rileggere libri, riguardare film, riascoltare dischi, ritornare su sentieri dove sono stato centinaia di volte. Mi piace perché ogni volta scopro nuove sensazioni, passaggi inesplorati, sfumature che avevo perso o nemmeno capito. Eppure ogni volta che rileggo, riguardo, ripercorro sono scosso da un brivido come se nel ritornare a ciò già conosco (o che reputo di conoscere) perdessi per strada pezzi di me stesso. In fin dei conti ogni conoscenza significa necessariamente un abbandono ma ogni abbandono è causa di ferite, lacerazioni, cicatrici, di una nuova pelle che magari può essere fastidiosa, inopportuna, ingestibile, indesiderata. 

Per dire, ogni volta che rileggo Moby Dick sento quel me stesso bambino che incontrava Melville per la prima volta allontanarsi nella galassia dei ricordi. 
Ero un bambino con la testa ossessionata da oceani sconosciuti, dalla caccia alla balena, dalla Pequod, dalla voglia di avventura e di lasciare tutto un mondo che mi faceva già molto schifo. 
Ma da allora sono accadute tante cose che mi hanno travolto e cambiato. 
Ho conosciuto il fallimento, la depressione, la morte di amici, quella di mia madre, la solitudine, il lavoro meccanico, la fatica, la mancanza di soldi, l'alcolismo, i tentativi di suicidio e quando a quarant'anni ritrovo Ismaele c'è un me stesso adulto che vive Moby Dick in maniera diversa da come accadeva allora ma nello stesso guarda a quel bambino che ero con occhi diversi già da quelli che avevo dieci anni fa. 
Ritorno sui ricordi e sulle riletture con il peso di altri anni, di altre sofferenze ed esperienze e vengo sempre preso dal dubbio se quanto sto ricordando sia il mio vero ricordo, una suggestione o un ricordo auto-assolutorio e se in fin dei conti un ricordo abbia davvero una forma stabile nel tempo o se invece sia sempre e soltanto una narrazione in divenire che si arricchisce di nuovi spunti, menzogne, degradazioni, invenzioni. 

Ecco l'ultima raccolta di racconti di David Means "Istruzioni per un funerale" (Minimum Fax, traduzione di Assunta Martinese) vive costantemente di questa sensazione di perdita e ricostruzione, di momenti presenti che vivendo nell'alternanza di sbalzi temporali, voci, ricordi, riesumazioni, supposizioni restituiscono la complessità dell'esistenza e di tutti quegli ingranaggi invisibili (eppure così concreti) su cui sono costruite le vite degli esseri umani. 

David Means è, in ogni suo libro, un autore di una precisione chirurgica ma sembra quasi dirci che nella scrittura così come nella vita non esiste una vera precisione, non esiste una sola possibilità perché ogni cosa sembra sfumare, farsi più difficile e complicata ogni volta che la affrontiamo. I punti di vista possono essere instabili, ciò che riteniamo veritiero nella nostra vita potrebbe essere solo una costruzione fatta a posteriori oppure no. Invitiamo gli altri a crederci, scriviamo disposizioni per funerali raccontando un'ipotesi sulla nostra morte, raccontiamo una scazzottata , proprio adesso, ma anche fra trent'anni, invecchiati, seduti su un portico insieme alla donna che amiamo, quando ciò che accade si è perso e ciò che avevamo raccontato la prima volta ha smesso di esistere e resiste solo quel momento presente che già sta evaporando. Siamo un gruppo di tossici che si fumano una sigaretta proibita fuori dal centro di recupero ma nella nostra testa, nei nostri corpi si sta già sviluppando (si è già sviluppato) il tradimento delle nostre promesse di riabilitazione, c'è già la tentazione, la voglia di fuggire, c'è quell'ipotesi che poi diverrà l'amara constatazione dei nostri fallimenti anni più tardi quando saremo ancora rinchiusi in carcere, sbattuti in una comunità, nascosti a bucarci sotto un ponte. Siamo quel padre che vede il proprio figlio correre verso il fiume e il pericolo e si chiede quando nella sua testa è diventato padre e dov'è finito quella parte di sé stesso che non era un padre. O quel marito che rivede il tradimento suo e della moglie con gli occhi di un uomo che quei tradimenti li ha superati ma che li sente ancora marcire dentro al cuore, nella mente. 

Quando leggo David Means più che di accostarlo ad altri autori mi viene voglia di accostarlo ai miei amati laghi che tutte le volte quando li vado a incontrare sembrano aver mutato volto ed esigono nell'incontro molta attenzione, dedizione, ascolto. Ecco, i racconti di questo straordinario scrittore esigono l'ascolto di sé stessi quasi fino al silenzio più assoluto, a costo di farci un male incredibile e di restare senza fiato mentre vediamo scorrere un treno in lontananza dove sta viaggiando chi ci tradirà e che tradiremo tutti i giorni, noi stessi.


lunedì 24 giugno 2019

David Means e Alexandra Kleeman, Radio Carcere e il Bassone di Como, Kyuss, Jason Lytle e il caldo, Halldór Laxness



Due straordinari scrittrici/scrittori di racconti.
Due raccolte veramente belle.
Ne scrivo nei prossimi giorni.
E che bello questo caldo che mi arriva addosso.



.....

Sono stato davanti al carcere Bassone di Como e anche nella zona dell'accoglienza dei parenti visto che nel carcere c'era detenuta l'amica di una amica.


...



Poco fa su Sentire Ascoltare ho trovato una recensione di un disco che ho mangiato come un fungo psichedelico durante un certo periodo della mia vita e mentre sto scrivendo questo inutile post l'ho riacceso nelle cuffie e sono sempre 50 minuti incredibili. Per me i Kyuss sono un disco da ascoltarsi quando si percorrono lunghi viaggi in macchina. Fermarsi negli autogrill o in qualche bettola e motel lungo le  strade provinciali. I Kyuss sono quel classico gruppo che mi mette addosso una voglia matta di lasciarmi andare, di bere fino allo stordimento, di drogarmi e di combinare pazzie.

....


Poi c'è la mia parte supersensibile, depressa timida, dimessa, riflessiva alla Grandaddy... che poi alla fine le due anime sono in perenne interscambio, scontro, confronto, simbiosi. 

...

Che poi il caldo mi piace tantissimo ma di stare in mezzo alla gente non ne ho voglia.
Non mi interessa, non me la sento.
E poi magari fra un po' mi dedico a questo romanzo




anche se poi prima o poi devo trovare la forza di scrivere l'intervento che vorrei pronunciare all'ormai prossimo congresso del Partito Radicale:






domenica 23 giugno 2019

NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS - USA: 1500 PRIGIONIERI GIUSTIZIATI DALLA REINTRODUZIONE DELLA PENA DI MORTE NEL 1976

NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS

Anno 19 - n. 25 - 22-06-2019 

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : USA: 1500 PRIGIONIERI GIUSTIZIATI DALLA REINTRODUZIONE DELLA PENA DI MORTE NEL 1976
2.  NEWS FLASH: ROMA: 26 GIUGNO PRESENTAZIONE DEL LIBRO ‘UOMINI COME BESTIE. IL MEDICO DEGLI ULTIMI’ DI FRANCESCO CERAUDO
3.  NEWS FLASH: ROMA: 23 GIUGNO CONCERTO NELLA CHIESA SANTA LUCIA DEL GONFALONE
4.  NEWS FLASH: ARABIA SAUDITA: ARRESTATO A 13 ANNI EVITA L’ESECUZIONE
5.  NEWS FLASH: INDIA: CONDANNA CAPITALE COMMUTATA IN ERGASTOLO
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA : DONA IL 5 X 1000 A NESSUNO TOCCHI CAINO


USA: 1500 PRIGIONIERI GIUSTIZIATI DALLA REINTRODUZIONE DELLA PENA DI MORTE NEL 1976

Marion Wilson, 42 anni, nero, è stato giustiziato nello stato della Georgia il 20 giugno 2019, nel Georgia Diagnostic and Classification Prison a Jackson.

Era accusato, e in parte aveva ammesso, di aver partecipato all’uccisione, il 28 marzo 1996, Donovan Corey Parks. Wilson era stato condannato a morte il 7 novembre 1997 nella Baldwin County con l’accusa di aver rapinato e ucciso, il 28 marzo 1996, Donovan Corey Parks, 24 anni, un agente di custodia fuori servizio, scelto a caso dalla coppia mentre faceva acquisti in un supermercato. Secondo l’accusa, che al processo ha mostrato le immagini delle telecamere di sorveglianza, Wilson e Robert Earl Butts, che all’epoca avevano 18 anni, hanno compiuto l’omicidio come “rito di accettazione” per entrare in una gang. I due erano stati processati separatamente, ed entrambe avevano cercato di addossare le responsabilità principali all’altro. Di fatto, sembra che a sparare fosse stato Butts, ma la legge della Georgia (come di molti altri stati) consente la condanna a morte anche dei complici quando il loro ruolo sia stato intenzionale e rilevante. Wilson venne condannato a morte
  nella Baldwin County il 7 novembre 1997. Butts è stato giustiziato il 4 maggio. Secondo una nota del Death Penalty Information Center, Wilson è la seconda persona dalla reintroduzione della pena di morte nel 1976 ad essere giustiziata in Georgia pur non avendo materialmente commesso un omicidio. Il caso precedente è quello di Kelly Gissendaner, giustiziata il 30 settembre 2015 per aver commissionato l’omicidio del marito. Wilson diventa la 2a persona giustiziata quest’anno in Georgia, la 74a da quando la Georgia ha ripreso le esecuzioni nel 1983, la 10a dell’anno negli Usa, e la n° 1500 da quando gli Usa hanno ripreso le esecuzioni nel 1977. 
(Fonti: themarshallproject.org, vox.com, 20/06/2019)


---------------------------------------

NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

ROMA: 26 GIUGNO PRESENTAZIONE DEL LIBRO ‘UOMINI COME BESTIE. IL MEDICO DEGLI ULTIMI’ DI FRANCESCO CERAUDO

Nessuno Tocchi Caino e il Partito Radicale presentano il libro “Uomini come bestie. Il medico degli ultimi” di Francesco Ceraudo, edizioni ETS 2019 - Mercoledì 26 giugno 2019 alle ore 10.30 nella sede del Partito Radicale Via di Torre Argentina 76, Roma 
Francesco Ceraudo ha lavorato come medico in carcere per 37 anni. Ha curato tutti, dall’ultimo extracomunitario, al detenuto politico famoso, al capomafia. Con tutti è riuscito ad essere “solo un medico”, seppure un medico consapevole, sensibile, come si direbbe oggi, “olistico”. Perché il bravo medico penitenziario deve saper curare le malattie “convenzionali” ma anche e forse soprattutto le malattie dell’anima tipiche del detenuto, chiunque esso sia, innocente o molto colpevole: la solitudine, l’inedia, la frustrazione, la paura per sé e per i propri familiari. Il tutto con l’aggiunta di scarso spazio vitale, poca luce del sole, sedentarietà, fumo attivo o passivo, alimentazione incompleta. Ceraudo nel corso dei decenni si è offerto come ostaggio in una famosa rivolta carceraria, è salito su un tetto per parlare in albanese con un detenuto che voleva suicidarsi, ha cercato di suturare uomini accoltellati dai “killer delle carceri”, ha denunciato dirett
 ori corrotti, marescialli prezzolati, brigadieri ladri, e avvocati corruttori. Ha anche testimoniato, impaurito e non creduto, in un grave caso di terrorismo. 
Eppure ha fatto il suo lavoro talmente bene che non è mai stato minacciato da nessun detenuto, ed è stato tanto stimato dai dirigenti ministeriali e dai colleghi medici da essere eletto per un quarto di secolo a capo del sindacato italiano dei medici penitenziari, e per 5 anni addirittura a capo del sindacato mondiale. 
Francesco Ceraudo è stato consapevole di aver voluto curare esseri umani all’interno di strutture concepite, checché se ne dica, per infliggere sofferenza. 
Sarà presente: Francesco Ceraudo, medico e autore di “Uomini come bestie. Il medico degli ultimi” Intervengono: Rita Bernardini, Presidente di Nessuno Tocchi Caino; Furio Colombo, giornalista; Flavia Fratello, giornalista; Piero Sansonetti, giornalista; Elisabetta Zamparutti, Nessuno Tocchi Caino e rappresentante nel Comitato Prevenzione Tortura del Consiglio d'Europa.


ROMA: 23 GIUGNO CONCERTO NELLA CHIESA SANTA LUCIA DEL GONFALONE

Con il Patrocinio di “Nessuno Tocchi Caino”
Concerto Chiesa Santa Lucia del Gonfalone
Roma - Via dei Banchi Vecchi, 12

Domenica 23 giugno 2019
ore 19:30

ENSEMBLE “ESTRO MUSICALE”
Irma Mastropierro, docente del Coso di Laurea di II° livello per violino solista, musica da camera e laboratori o musicale, al conservatorio “ Licinio Refice” di Frosinone, con i suoi allievi ha costituito Ensemble “Estro Musicale” di cui tutti sono solisti.
Violino - M°Luigi Marasciulo
Viola - M° Luigi Ciriello
Violoncello – M°Donato Cedrone
Pianoforte e cembalo – M° Vittorio O

Programma:
Paul Inwood (Arr. P.Teodori)
(1947)
“Inno della Misericordia 2015”

Charles Gounod
(Arr.P.Teodori)
su un Preludio di J.S. Bach (1818 -1893)
“Ave Maria”

Nicolò Paganini (1782 -1840) Cantabile Solista Luigi Marasciulo
Giuseppe Mulè (1855 – 1951) Largo
Pëtr Il'ič Čajkovskij Op.44 No. 6 (Arr. P.Teodori) (1840 – 1893) Chant Sans Paroles
Jean Sibelius Op.44 (Arr. P.Teodori) (1865 – 1957) Valse Triste
Ennio Morricone (1928) The Mission

Direttore Artistico Prof.ssa Irma Mastropierro
Coordinatore Ing. Luca Ascenzi



ARABIA SAUDITA: ARRESTATO A 13 ANNI EVITA L’ESECUZIONE

Murtaja Qureiris, un 18enne che era stato condannato a morte in Arabia Saudita, è stato salvato dall'esecuzione e condannato a 12 anni di prigione, secondo una fonte informata.
La fonte ha riferito alla CNN che Qureiris, che era stato arrestato all'età di 13 anni dalle autorità saudite, potrebbe essere rilasciato nel 2022.
Qureiris aveva 10 anni quando avrebbe commesso almeno uno dei fatti denunciati nel suo documento di accusa.
È stato accusato di aver accompagnato suo fratello, l'attivista Ali Qureris, in un viaggio in motocicletta fino a una stazione di polizia nella città di Awamiya, dove Ali avrebbe lanciato molotov contro la struttura.
Il suo altro presunto crimine consisterebbe nella partecipazione al funerale di suo fratello, che in seguito divenne una manifestazione.
Qureiris ha negato le accuse e ha affermato che le confessioni, su cui si basava l'accusa, sono state ottenute sotto costrizione.
Murtaja Qureiris appartiene a una famiglia sciita della Provincia Orientale a maggioranza sunnita dell'Arabia Saudita.
(Fonti: CNN, 17/06/2019)


INDIA: CONDANNA CAPITALE COMMUTATA IN ERGASTOLO

Una sezione dell’alta corte del Madhya Pradesh il 17 giugno 2019 ha commutato la condanna a morte di un ragazzo di 19 anni che avrebbe stuprato e ucciso suo cugino di cinque anni in un villaggio presso la stazione di polizia di Katangi nel distretto di Jabalpur. Il tribunale ha commutato la pena di morte in ergastolo, precisando che l'imputato passerà in prigione 30 anni.
La corte ha ritenuto che il caso si fondasse su prove circostanziali e che quindi il tribunale doveva essere più prudente nell’emettere la condanna a morte, inoltre l'accusato ha solo 19 anni e la possibilità di riforma e riabilitazione non può essere esclusa, infine il crimine non rientra tra i "più rari tra i rari".
(Fonti: TNN, 18/06/2019)

......

DONA IL 5 X 1000 A NESSUNO TOCCHI CAINO

Sostieni la lotta per l'affermazione del diritto alla speranza per chi è condannato alla pena di morte e alla pena fino alla morte che nel nostro Paese si chiama "ergastolo ostativo". Spes contra spem è il motto di una vita di Marco Pannella che continua ad orientare l'impegno di Nessuno tocchi Caino e del Partito Radicale. 
Aiutaci ad essere speranza quando tutto intorno sembra remare contro. 
Scrivi il codice 96267720587 nel riquadro “Sostegno del volontariato...” della tua dichiarazione dei redditi.



.......

Per maggiori informazioni: http://www.nessunotocchicaino.it

giovedì 20 giugno 2019

La maglietta Lacoste e mia sorella





Premessa numero 1, molto raffazzonata: non amo per niente tutto un certo mondo di sinistra che si reputa da anni la crème de la crème dell'universo. Quel mondo mezzo battagliero, mezzo salottiero, mezzo giornalistico, mezzo giustiziere, mezzo di palazzo e mezzo di lotta, mezzo di potere che un po' piange e un po' ride. Discorso che vale anche per un certo mondo di destra che piange e piange e piange ma è pure lui establishment da un sacco di tempo. E la parola radical-chic nel suo significato corretto è per me ancora ben spendibile sia a destra che a sinistra che al centro.

Premessa numero 2: non mi sta molto simpatico Carlo Calenda e non voglio difenderlo e lui nemmeno dice di essere di sinistra sinistra, tantomeno comunista e viene pure da una famiglia che di denari ne ha eccome.

Arriviamo al dunque: tutta questa polemica sulla maglietta Lacoste indossata dall'ex Ministro dello Sviluppo economico (me l'ha riferita mio padre che compra sempre un paio di Lacoste all'anno e che tra l'altro manco costano  questa cifra folle... ok costano 48 euro e per qualcuno è tanto ma porca troia che palle...  quanto costano le All Stars?) mi sembra pretestuosa, stupida, senza senso.

L'ennesima dimostrazione del livello infimo non solo dei social ma in generale del dibattito politico.

Ma tutta questa vicenda mi ha fatto pensare a mia sorella Anna con la quale ho un rapporto molto conflittuale: per realizzare il suo sogno di diventare egittologa ha faticato tutta la vita e ancora oggi non è ancora riuscita veramente a realizzare il suo sogno. 
All'università si è mantenuta con le borse di studio e lavorando. 
Si è scontrata (rovinandosi la vita e la carriera) con la muffa universitaria (spesso di sinistra) e adesso unisce scavi archeologici e il suo lavoro principale di funzionario (ottenuto con un concorso) presso il Marta di Taranto, facendo avanti e indietro da Milano dove vive suo marito. 
Tutto quello che ha ottenuto, l'ha ottenuto con le sue forze e la nostra famiglia non l'ha potuta aiutare in nulla se non standole accanto e sostenendola nelle sue scelte. 
Ha sempre votato a sinistra, è una democratica, mai comunista, sempre in prima linea nelle battaglie per i diritti civili, insegna agli immigrati e in Egitto aiuta alcune famiglie bisognose. Pure iscritta al sindacato. 
Ma mia sorella ha ereditato da mio padre l'amore per la moda e il look e per questo motivo è sempre impeccabile, spende una bella cifra dal parrucchiere, in vestiti di alta sartoria, in scarpe, borse, gioielli. Sogna anche di guidare una macchina sportiva.
Non c'è mai una volta che ti faccia pesare tutta la sua immensa cultura, le lingue che conosce, le sue letture.  

Ecco, è tutta una vita che mia sorella non ha mai un bel rapporto con un certo tipo di uomini e donne di sinistra (lei non va molto d'accordo con tutta quell'area dell'estrema sinistra, de Manifesto, Emergency, centri sociali, autonomi, eccetera eccetera) che la accusano di essere solo una borghese, che una vestita cosi' dovrebbe stare con Berlusconi e che non ha niente a che fare col mondo del lavoro, quando in fin dei conti mia sorella son ben 25 anni che lavora e studia insieme ininterrottamente. 

Come se per essere di sinistra o quantomeno democratici, antifascisti, si debba sempre e comunque tenere un look da contadini/viandanti/operai, uno stile monacale di rinuncia continua, magari indossando i sandali che arrivano dal Peru', non truccarsi, non mettersi i tacchi, la minigonna, i gioielli. 

All'insegna di un integralismo etico/ideologico (pure molto reazionario) che ha fatto disastri nella storia.

La stessa storia valeva per mio nonno. 

Partigiano azionista e repubblicano che venne sempre odiato  dai comunisti e osteggiato perché possedeva un albergo e faceva studiare i propri figli. Si vestiva bene e parlava in italiano. E nessuno che si ricordava che tutti i suoi dipendenti erano assunti con un contratto regolare, anche solo per i fine settimana, con quei contributi che in molte aziende (vedi quella dove lavorava mia madre) manco venivano pagati.
Come se tutto dovesse essere collettivizzato o donato in stile francescano.

Vabbè, ho già parlato troppo di questa storia.
Ma ancora una volta mi sento solo e vicino a pochissime persone.

....



Quanto amo Jane Weaver.



....




-qui-



mercoledì 19 giugno 2019

In breve su "Lingua nera" di Rita Bullwinkel (Black Coffee) + Chelsea Wolfe


In Florida tutto è color pastello. Una tazza giallo acceso non si trova. Deve essere sbiadita. Consumata di fresco. Sono così le cose, laggiù, inondate di luce e diluite. Occhiali da sole di un rosa chiaro chiaro e capelli bianchi bianchi. Una presunta imitazione di essere umano, vibrante. Ecco l'aspetto che hanno quasi tutti. Di solito le persone vere non ci vivono, in Florida. Ci sono solo fantasmi, confinati in un limbo per peccati di gola o per aver applicato interessi sui prestiti.” (“I veri zombi di Dio”, pag. 67)

“Lingua nera”, esordio di Rita Bullwinkel (Black Coffee, traduzione di Leonardo Taiuti), è una raccolta di diciassette racconti, alcuni della durata anche solo di due pagine (il meraviglioso e straniante “Phylum” sulla dissoluzione di una relazione) inquietanti, surreali e magici che indagano le possibili trasformazioni di corpi, oggetti, relazioni affettive, sogni, lavori. 
Una raccolta che oserei accostare alle opere di Aimee Bender, Julia Slavin, Lydia Davis, Judy Budnitz, A. Homes dove il corpo ha una funzione spesso centrale nella narrazione: corpi che decadono, che diventano incubatrici di disagi esistenziali, corpi che diventano oggetti sostitutivi (come nel racconto “Ingobbirsi” con uomini che vengono assunti con la qualifica di Reggiseno), corpi modificati e plastificati de “I veri zombi di Dio” (un racconto da accostare a “Florida” di Lauren Groff e che offre uno spaccato più veritiero dello stato americano rispetto a quanto offerto da patinate serie tv di successo come Csi Miami), corpi odiati/martoriati/amati come accade nel racconto “Lingua nera”, relazioni umane che trovano nel sesso e nella fisicità della carne la sola comprensione possibile, amicizie adolescenziali fondate su discussioni riguardanti ciò che potremmo fare ai nostri corpi, se potremmo mangiarli e come mangiarli, nello splendido ma davvero splendido racconto  “Le braccia sopra la testa”, corpi che si fanno carnefici, nemici, vittime, alieni, interpreti della crisi economica o del crollo di qualsiasi speranza in un futuro migliore, personale e collettivo.

Quando mia figlia divenne maggiorenne, l'economia era talmente in crisi che conveniva di più pagare qualcuno per reggerle il seno che comprare la biancheria necessaria. Mettemmo un annuncio su Craiglist e stabilimmo che era Mark il più adatto all'incarico. Lo sistemammo nel giardino sul retro, in un capanno con dell'acqua corrente. Alle prime luci del mattino si alzava, si posizionava davanti alla porta della stanza di mia figlia e aspettava che si svegliasse. Ogni volta che usciva di casa, Mark si ingobbiva dietro di lei, le faceva scivolare le mani sotto la maglietta e sorreggeva delicatamente i piccoli seni.” (Ingobbirsi, pag. 135)

Una raccolta bellissima, frutto di una scrittrice dal talento cristallino, con uno stile impeccabile e con una molteplicità di registri capaci di sorprendere e affascinare, in grado di insinuarsi sotto pelle, di scavare negli angoli bui dei nostri desideri e sogni, di accarezzare i nostri lati meno nobili e le nostre debolezze, le nostre tentazioni e i nostri orrori.

Ho due istinti che mi è difficile conciliare: ho una paura matta dei trampolini ma allo stesso tempo, quando mi trovo su una superficie rialzata come un tetto o un sentiero lungo da scogliera, avverto l'impulso di saltare. Me lo sento nei piedi, questo allegro senso di vertigine che mi ripete, Metti che, metti che... Su un trampolino invece ho la certezza del risultato e mi chiudo a riccio. È la pressione sociale a costringermi a salire la lunga scaletta finché non mi ritrovo lassù. Sono famosa per quella volta che da adolescente ho fatto dietrofront rinunciando a tuffarmi – un gesto inconcepibile, vergognoso a quell'età -, e allora perché ho quest'impulso a saltare giù da altre cose? Perché il risultato è ignoto? Il mio cervello cosa crede, che spiccherò il volo? È ridicolo che il mio corpo dica, Salta e falla finita. Una volta, quando vivevo in un grande appartamento in città, ero sul tetto a fumarmi una sigaretta con un'amica e le ho confessato la cosa, e lei mi ha detto, Ah, ma certo, anch'io. È una sensazione strana, mi ha detto, questa voglia di buttarsi giù dalle cose. È il motivo per cui siamo amiche?, le ho chiesto. Perché vogliamo saltare tutte e due?” (Lingua nera, pag. 42)


....



Il 13 settembre esce il nuovo disco di Chelsea Wolfe "Birth of Violence" (Sargent House) anticipato da questo singolo:



Andrea Consonni, Sun, 19 giugno 2019

martedì 18 giugno 2019

Minibot, Selma Hellal, øjeRum, Life on Venus, Monte Boglia e il mio umore e Robin Proper-Sheppard, La mente del corvo


Sta cazzata dei minibot è una di quelle robe che uno prova a cercare di capire ma poi è impossibile perché è solo una cazzata gigantesca tipo la versione serie Z del Gatto e la Volpe. Ieri su Il Foglio c'era una prima pagina copertina bellissima con questi minibot che un votante grillino che conosco di vista ha scambiato per buoni spesa e li voleva pure utilizzare per farsi una grigliata. comunque bellissimo il lungo articolo di Luciano Capone e Carlo Stagnaro: "Stiamo già uscendo dall’euro" ma ieri c'era anche un pezzo splendido dedicato a Selma Hellal, una coraggiosa editrice in Algeria, "La rivoluzione dei libri e del corpo per strada. La guerra civile e le energie finalmente libere di una moltitudine che ogni venerdì si mette in scena. Selma Hellal, editrice coraggiosa, racconta la sua Algeria e “l’esperienza meravigliosa” di portare la letteratura in giro per il paese"


Il tutto in un paese/mondo dove le alternative politiche/culturali/sociali/umorali alternative a questo andazzo generale sono assenti o timide o impaurite e incapaci di rinnovarsi, di guardare al futuro, di costruirlo, di rinnovarsi. Un cazzo, una tristezza gigante. E nessuna volontà di dialogo, ascolto, volontà di fare un percorso.
....



"There Is A Flaw In My Iris" di øjeRum è un disco di pura bellezza che ha bisogno di essere ascoltato con devozione, tempo. Cresce come crescono le piante. Come si sposta la natura. Lenta. Impetuosa. Travolgente. Furiosa. Silenziosa. 

.


Un album che ho scoperto oggi grazie a shoegazeblog.com : "Departure" dei Life on Venus

.


Oggi mi son svegliato presto, ho preso la macchina e sono andato in montagna.
Un duro cammino in solitaria per raggiungere la vetta del Monte Boglia, 1500 metri d'altezza, che domina Lugano e la zona circostante. 
Camminare per cercare di vincere la depressione, di liberare energie negative.
In fin dei conti un'ennesima via di fuga.
In testa avevo i Sophia e questa canzone che si intitola Resisting che ogni volta che la ascolta a me salgono le lacrime da dentro lo stomaco.
E oggi quando sono arrivato in vetta la depressione era salita con me e mi sentivo vuoto e inutile.
Guardavo la città, le vie di comunicazione, i paesi, la pianura lontana, Milano e avrei voluto spazzare via tutto.

"And I don't know what we're always resisting"

E poi quando sono tornato a casa ho cominciato a dedicarmi a questo libro:


che poi, a conti fatti, i corvi sono gli animali che amo di piu'.
In assoluto.