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mercoledì 22 maggio 2019

Arab Strap, Joyce Carol Oates, libri, Le Samouraï, Linda Guilala





Due giorni liberi, un periodo di calo di lavoro che potrebbe essere risollevato dal tempo instabile, dalla pioggia che aiuta le sale cinematografiche a riempirsi e speravo di godere di questo sole inaspettato uscendo a fare due passi ma ieri ho resistito solo un paio d'ore all'aperto.
Ho accompagnato la mia compagna al lavoro e poi ho proseguito a piedi fino al lago per trovare una panchina dove poter leggere il giornale e poi un libro ma ho resisto solo per un paio d'ore. 
Disturbato dai passanti, dalle donne col cane al guinzaglio, dai martelli pneumatici, dalle sirene delle ambulanze, dai muratori che fischiano e cantano ho preferito tornare a casa tanto mi stavo irritando e perdendo voglia di fare qualsiasi cosa. 
Quando sono rientrato c'erano ben due vicine che stavano ascoltando uno schifo di talk show politico che passava su La7.


E mi ero portato appresso questo romanzo di Joyce Carol Oates "Una famiglia americana" (Il Saggiatore, traduzione di Vittorio Curtoni). La scrittrice statunitense è una di quelle che o la ami o la odi. Non ci sono mezze misure. Se non si riesce a entrare in sintonia col suo stile "pieno di" non ne vai a capo e molli. Ti strapazza, ti sommerge. Per me la Oates è uno dei piu' grandi autori viventi e ci ho messo anche un po' a capirlo o forse adesso che sto invecchiando io e lei siamo riusciti a capirci. E anche se questo romanzo non è, almeno per me, uno dei suoi migliori alle fine sono uscito commosso e spiazzato. Addolorato e cullato.


E questi due libri me li sono segnati:




-qui-

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Adoro Jean-Pierre Melville e "Le Samouraï con Alain Delon è uno dei film della mia adolescenza. Un amore che ho condiviso con mia madre che amava questo film, in generale i film noir, e stravedeva per Alain Delon. Se lo sarebbe scopato sul letto di casa. Ci sono state polemiche al festival di Cannes, in realtà ci sono da un sacco di tempo.


"Le  acide polemiche non sono riuscite a guastargli la festa. Visibilmente riconoscente, in lacrime, Alain Delon ha ricevuto dalle mani della figlia Anouchka  la Palma d’oro alla carriera.

Prima il red carpet lo aveva accolto sulle note di ‘Il clan dei siciliani’, vergate da Ennio Morricone per la pellicola di Herni Verneuil in cui l’83enne star appare accanto ad altri due grandi, Jean Gabin e Lino Ventura. Conferimento carico di emozioni e certamente  dovuto per  quello che appare indubbiamente come un mostro sacro della settima arte. I numeri: 60 anni di carriera, 90 film. I nomi che lo hanno accompagnato nello straordinario percorso: troppi per essere ricordati tutti qui. Sono quelli tra gli altri dei registi Joseph Losey, Luchino Visconti, René Clément, Jean-Luc Godard, Michelangelo Antonioni, senza dimenticare attori e attrici tra cui uno dei grandi amori della sua vita,  Romy Schneider. Il gotha di una magica lunga stagione del cinema.

"Ma qualcuno ha pensato che il protagonista di ‘Rocco e i suoi fratelli’, de ‘Il Gattopardo’ o di ‘Monsieur Klein’ non avesse cittadinanza sul proscenio del festival cinematografico più importante al mondo. 23mila firme in calce a una petizione lanciata negli Stati Uniti hanno cercato di convincere l’establishment artistico di Cannes a negargli quell’onorificenza. Le colpe di Delon sono sintetizzate nella triade “razzista, misogino, omofobo”. Simpatie per Jean-Marie Le Pen, ex leader della destra radicale, ammissione che aveva schiaffeggiato la moglie, opposizione alle adozioni gay. Ad alcune obiezioni ha risposto schizzando un velenoso «je m’en fous» (matrimoni gay), ad altre spiegando (sì, sono contro le adozioni da parte di coppie omosessuali), ad altre infine ammettendo (sberle sì, alcune date e molte ricevute).

Di fatto però è la natura stessa della contestazione a evidenziare l’incongruenza delle accuse: qualsiasi esse siano, nulla hanno a che vedere con la qualità artistica dell’attore. Le promotrici della petizione, indossando gli abiti di novelle Torquemada o inaugurando una versione occidentale dei Basij, i guardiani del buon costume che scorrazzano nelle strade di Teheran, hanno inserito nel contesto culturale categorie di giudizio morale. Che sono agli antipodi della creazione artistica. Per ragioni analoghe uno dei più grandi scrittori del secolo scorso, Jorge Luis Borges, fu privato del Nobel. 

Quanti nomi rimarrebbero nella storia della pittura, della musica, del pensiero, se depennassimo quelli di chi non ha aderito ai canoni morali o di chi ha fatto opera di sedizione nei confronti del pensiero dominante? Attribuire un premio unicamente ad attori che si schierano per l’adozione da parte di coppie omosessuali o che hanno amicizie solo negli ambienti progressisti sconfina nel farsesco. Prova ulteriore che nel mondo dei prêt-à-porter ideologici e dell’immediatezza, la cieca partigianeria prevale quasi sempre sul senso del ridicolo.

Una forma mentis che cancella al tempo stesso la complessità di fatti, situazioni e persone. Delon ha girato un lungometraggio contro la pena di morte, ha finanziato una pellicola contro la guerra d’Algeria. “Il mio unico rimpianto – afferma in un’intervista – è di non esser mai stato diretto da una donna”. Lacuna che colmerà presto, ma a teatro, in una pièce di Jeanne Fontaine: ‘Le crépuscule d’un fauve’. Lui che il proprio crepuscolo lo ha già interpretato sul grande schermo: “Alla fine di diversi film scompaio o muoio” ricorda Delon, che aggiunge: “Mi è sempre piaciuto morire, mettere il vero punto finale”.

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Tra l'altro proprio ieri su La Regione che faticavo a sfogliare sulla panchina c'erano pagina 2 e 3 dedicate interamente ad Axel Mitbauer, campione di nuoto della DDR, che nel 1969 riusci' in maniera rocambolesca, 25 chilometri a nuoto nel Mar Baltico, a sfuggire alla dittatura comunista.
Non sapevo nulla di quest'uomo e di questa storia ed è stato molto bello conoscerla.

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Di tutto il resto preferisco non parlare che è meglio.

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-Linda Guilala-



6 commenti:

  1. A Berlino ho visitato il museo della DDR: storie di fuga pazzesche. Ci provavano in tutti i modi, perfino con una mongolfiera amatoriale costruita in casa da due famiglie. Dovrebbe uscire il film su questa storia.

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    1. Berlino e quel museo sono una delle mete che mi sono segnato da tanto tempo ma mi sa che dovro' aspettare ancora un bel po'.
      Storie pazzesche si' e meriterebbero tutte un film.

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  2. Enorme Le Samurai, strapazzato dalla pessima versione italiota (quanto è bello, quell'inizio, sul letto, subito dopo la citazione dall'Hagakure e quella chiusa, beffarda e malinconica,'Mi hanno pagato'? E quando entra nel parcheggio a tutta velocità, scena improvvisata da Delon che a momenti a Melvile li viene un coccolone? e...ok smetto)
    Scusa, ma gli arab strap (gruppo a cui, per diversi motivi, sono legatissimo, seppur non annovero tra i miei favoriti)?

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    1. Ciao, lo adoro pure io Le Samurai e la prima volta che lo vidi ero un ragazzino, quasi un bambino, e ne uscii trasformato. E l'hanno distrutto in italiano sin dal titolo ed è una pessima abitudine che non smette di ripetersi. Sto cercando pure di recuperare il dvd.

      Sugli Arab Strap, sono un gruppo che adoro, pur non fra i miei preferitissimi e ci vuole la giusta giornata per ascoltarli e in questi giorni, che ho dentro un malessere enorme, quando li ascolto riesco un po' a purificarmi. Li ho visti un secolo fa a Milano, eravamo in pochissimi e all'inizio erano scazzati e con poca voglia e poi da metà in poi furono una roba della madonna.

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  3. proprio in questi giorni sto riascoltando the red thread. album bellissimo per testi e musiche. uno dei gruppi più sottovalutati e sfortunati di sempre per me.
    P.M.

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    1. Album bellissimo anche per me. L'ho riascoltato tantissime volte e concordo con te sul giudizio che dai. Pensa che io li ho conosciuti leggendo Il Mucchio Selvaggio e qualche settimana fa aiutavo mio padre a sistemare la cantina e ho trovato dei vecchissimi numeri del settimanale e ho constatato, con tanta nostalgia, quanto fosse bello da leggere.

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