Al termine del mio dodicesimo giorno di lavoro di fila (e me ne restano altri otto prima di un giorno di riposo... ma non mi devo lamentare visto che quest'estate sarà grigia e mi sto già muovendo per trovare un lavoro aggiuntivo) è bello potersi sedere al cesso e leggere Il Foglio di ieri con un lunghissimo e spassoso articolo di Nadia Terranova che mi ha messo voglia di rileggere Lolita e purtroppo anche fatto ricordare gli sguardi carichi di disprezzo che, al matrimonio di mia sorella, mi vomitarono addosso due sue amiche (una con dei bellissimi capelli rossi e che mi avevano descritto come libertina e dark) e un suo amico (e tutti e tre archeologi/letterati/di quella sinistra che tanto piace al Manifesto o a Left o Internazionale) quando, durante una delle tante e noiosissime discussioni di quel giorno che trascorsi quasi sempre in silenzio, dissi che adoravo Lolita, Céline, Drieu e Ezra Pound (dentro a una discussione intavolata da un altro invitato, un vecchio professore di filosofia marxista, a proposito dei giovani ignoranti che non amavano leggere e di scrittori che non avrebbe mai fatto leggere al liceo) e che non ci vedevo niente di male se un uomo o una donna adoravano la pornografia.
Durante le foto di rito i tre stettero ben attenti a starmi lontani... e che voglia di mandarli affanculo... basta solo ripensarci per farmi perdere la tranquillità.
Prima del matrimonio ero il fratello depresso che lavorava in Svizzera, il proletario senza garanzie e sfruttato da incitare alla rivolta, che leggeva tantissimo, acculturato, sensibile.
Dopo il matrimonio ero una merda d'uomo, pure fascista e anche maiale.
La mia compagna pure peggio.
Ricordo che quando tornai dal matrimonio, dove praticamente non toccai alcool, mi scolai una bottiglia di vino bianco a notte fonda per liberarmi da tutta quella merda e il giorno dopo ero al lavoro.
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“I bambini devo essere sorvegliati e stare zitti e buoni per tutta la durata del colloquio, altrimenti gli agenti di custodia saranno costretti ad allontanarli
I detenuti non possono disporre di carte dei distributori automatici
I distributori automatici non accettano contanti. Occorre acquistare una carta prepagata all'ingresso della sala colloqui
Le carte costano cinque dollari. Due dollari e cinquanta centesimi saranno restituiti se la carta è in condizione di essere riutilizzata
I detenuti non possono stare a meno di un metro dai distributori automatici
Un breve abbraccio è consentito all'inizio della visita, e un altro brevissimo alla fine. I contatti fisici prolungati sono vietati, pena la sospensione della visita
Stringersi le mani è un contatto fisico prolungato e non è ammesso
Vietato battere il cinque
Vietato tenere le mani sotto il tavolo durante la visita. Ospiti e detenuti devo tenere sempre le mani dove gli agenti di custodia possono vederle
Vietato tenere le mani in tasca
Vietato urlare
Vietato alzare la voce
Vietato litigare
Vietati i giochi rumorosi
Vietato ridere sguaiatamente o fare chiasso
Ridurre il pianto al minimo” (pagg. 72-73)
Mi avevi detto Elvira che l'ultimo romanzo di Rachel Kushner, “Mars Room” (Einaudi, traduzione di Giovanna Granata), era bellissimo e che mi sarebbe piaciuto/interessato anche per il mio interesse/impegno per le carceri e devo dirti che avevi perfettamente ragione e la scrittrice statunitense mi ha trascinato dalla copertina all'ultima pagina, confermandosi come una scrittrice dal talento cristallino. Un romanzo che è tutto un mondo di storie/visi/volti/ferite/strade e mi ha scaldato il cuore e arginato, almeno per qualche ora, i rumori sgradevoli tipici di quel mondo dove delle carceri praticamente si è smesso di parlarne e si invocano pene ancora più severe (con le esecuzioni sommarie lì alla finestra) e sempre nuovi reati da perseguire, ergastoli, chiavi da gettare.
“La raccolta fotografica di Sammy conteneva soltanto foto carcerarie. Una ritraeva una ragazza triste, bellissima, che si chiamava Sleepy e scontava un ergastolo senza condizionale. Era l'unica foto che Sleepy avesse di se stessa, disse Sammy. Sleepy gliel'aveva data quando Sammy era stata rilasciata e affidata a Keath. Sleepy non aveva nessuno al mondo. Aveva dato la sua foto a Sammy perché voleva essere sicura che una persona libera si ricordasse di lei, pensasse a lei ogni tanto. Io non l'avevo conosciuta, Sleepy. L'avevano trasferita al nord prima del mio arrivo. Ma sapevo perché Sleepy aveva dato quella foto a Sammy, che cosa voleva da lei. Sammy aveva qualcosa che veniva dal mondo e restava nel mondo, quello vecchio, il mondo libero. La povera Sleepy doveva aver pensato che se poteva vivere nel cuore di Sammy, poteva vivere. Lo trovai così deprimente che mi venne voglia di strappare la foto mentre Sammy non guardava.” (pagg. 245-246)
Ed Elvira, tu che in carcere ci hai visto finire tanti anni fa una parte della tua vita, non posso che ringraziarti da questo blog e ti incazzerai perché seppure non ti chiami Elvira tu lo sai che sto parlando con te che una volta mi hai detto “Scegliere per la prima volta cosa mettere in un pacco da mandare in carcere è stato quasi peggio di partorire”.
E a proposito di carceri non perdetevi Radio Carcere su Radio Radicale.
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Esce in questi giorni e lo comincio settimana prossima e mi aspetto cose importanti, spero di non uscirne deluso. Romanzo che vive dell'oggi.
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Questo invece me lo regala mio padre perché dice che dentro di me c'è un Mughini in piccolo.
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Devo la scoperta di Alberto Almas a Shoegaze Blog che l'ha intervistato e ne ha raccontato il concerto.
Una splendida scoperta davvero:
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Sulla contemporaneità politica evito qualunque commento.
Si avvicinano le Europee.
Avevo deciso di tornare al voto ma visto che, semplificando, l'accordo fra il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito e il Partito Socialista per presentare una lista comune è saltato a causa del voltafaccia socialista che si è accodato a Piu' Europa, non so davvero che cosa votare.
Sarà dura scegliere: ovviamente niente Lega e Cinque Stelle.
Nel mio comune di provenienza si presenta una sola lista figlia del nepotismo/vecchiume del paese. Rifiutero' la scheda con la speranza di un commissariamento.