Mi sono sentito bene mentre lo leggevo.
Molto bene e scosso, pungolato, messo alla berlina, accarezzato anche, pure molto divertito.
E voi direte, Cazzo ma sei un maschio, come cazzo fai a leggere e a scrivere di un libro femminista?
Non lo so come fare a spiegarvi quanto questo libro sia bello e scritto in maniera divina e allora ho cercato di scrivere per punti la mia esperienza di lettura, con una chiusa finale polemica verso una certa categoria di persone:
-quando ho acquistato il libro di Giulia Blasi il commesso della libreria mi ha sorriso e poi mi ha chiesto se volevo un pacchetto regalo, No, altro sorriso mezzo di scherno. Probabilmente due libri scritti da donne in un colpo solo erano un po' troppo per lui
(l'altro libro era “L'America sottosopra” di Jennifer Haigh), poi sono andato alla fermata dell'autobus e intanto mi si è scaricato l'iPod (stavo ascoltando
Konoyo di Tim Hecker) ma non mi sono levato le cuffie. La copertina rosa ha subito attirato lo sguardo di un trio di ragazzine che ignare del fatto che potessi ascoltarle hanno deciso nell'immediato che, in ragione del libro con la copertina rosa che tenevo fra le mani, potevo essere solo un gay o un trans di qualche tipo e giù battute. Sul bus non è andata meglio con la donna con Repubblica e sacchetto della spesa di Gabbani (è uno dei negozi di alimentari, e non solo, più costosi di Lugano) che mi guardava come si può guardare un possibile rapinatore. Sei un Frocio-Gay, Sei una donna mascherata con barba? Io non ce l'ho con voi però ...sembrava volermi chiedere. Il mio starnuto rumoroso l'ha fatta sobbalzare sul sedile tanto era in uno stato di tensione. O forse era la parola Femminista a metterla in agitazione, chissà avrà pensato alla figlia, Oh, mioddio, ti prego fa che mia figlia non sia una femminista
-leggendolo ho pensato alla mia famiglia dove il ruolo femminile è stato ed è ancora decisamente fondamentale. La mia nonna paterna che praticamente resse sulle sue spalle tutto il peso dell'albergo dei parenti del marito e che prima aveva cresciuto una famiglia in tempo di guerra mentre suo padre, socialista, stava in sanatorio e che non aveva mai amato le casalinghe e nemmeno le maestre. La mia nonna materna, sottoproletaria, lesbica non dichiarata, cattolica praticante ma aspirante socialista, donna che leggeva e non smise di girare l'Italia anche a 85 anni, che parlava con mio padre di calcio e vacanze e raccontava favole a tutti i bambini dei palazzi. Mia madre che ha cominciato a lavorare in nero a 13 anni, che voleva essere una maestra e ci ha comprato libri e sognava Losanna, Londra, la Colombia dove, se fosse stato per lei, la nostra famiglia si sarebbe trasferita negli anni Ottanta
-ho pensato all'amore di Hitchens per Margaret Tatcher e alla sua bravura di scrittore nel raccontare il loro incontro
-ho cercato di ricordare le persone che dall'asilo alla maturità non mi diedero del mammone e non sono riuscito a trovarne nemmeno una. Invecchiando tutti mi dicono che ho lo stesso sguardo dolente di mia madre mentre altri pensano che mia madre sia morta per colpa mia
-ho pensato che nelle corde di Giulia Blasi ci sia un grande romanzo che non ha ancora scritto anche se quello che ho letto mi era piaciuto molto
-ho pensato a mia sorella. Mia sorella con la quale non condivido niente ma che ha dovuto scontare nell'ambiente dell'archeologia il suo essere donna in un mondo maschile, il suo scontrarsi continuamente contro i baroni maschili e le complici femminili e che mi racconta che certe volte quando scava a Luxor si sente più rispettata dai manovali egiziani che dai suoi colleghi italiani. Una donna che a parte una carissima amica non è mai riuscita ad andare davvero d'accordo con le donne e che di gonne nell'armadio credo che per anni e anni ne abbia avuta sola una e nemmeno mai indossata. Ho pensato a come divorava i romanzi di Asimov e a come mescolava i R.E.M ai Take That e al nostro amore condiviso per Akira, Conan il ragazzo del futuro, i robot giapponesi
-ho pensato a mio padre che ha sempre condiviso con mia madre tutti le mansioni di casa come cucinare, stirare, stendere, fare la spesa, andare a ricevimento dei professori, portarci dal dentista, a nuoto, a calcio, sulla pista d'atletica, a catechismo e a come questo succede anche fra me e la mia compagna e spesso i miei colleghi si scandalizzano quando gli racconto che scendo io a fare la lavatrice e a stendere
-ho pensato a Anne Sexton, alle sue poesie e al ruolo immenso che tutte le scrittrici, registe, cantanti, band, giornaliste hanno svolto e continuano a svolgere nella mia vita. Se penso per esempio a ciò che ha fatto per me
Cristina Donà, nel concreto, mi viene da piangere
-ho riflettuto su me stesso e su tutto quello che ho vissuto sulla mia pelle per il mio essere magro, femmineo, brutto, depresso, non allineato ai canoni maschili, il mio non essere padre, il mio odio per i gruppi di maschi e di qualunque gruppo si tratti, il mio disgusto per la volgarità e a tutto quello che ho sofferto di conseguenza, le battute, l'esclusione, le sofferenze, la solitudine, la marginalizzazione
-ho pensato a qualche mio collega che non si fa nessun problema a commentare ad alta/bassa voce l'aspetto fisico delle clienti
-ho pensato alla mia compagna, una femminista che odia la parola femminista perché ogni definizione le fa mancare il fiato. Una donna che mi ha donato la libertà
-ho pensato alla mia collega che quando le dissi che al Cinema era ora che ci fosse una responsabile donna mi rispose che le donne non hanno il carattere per gestire il personale e le situazioni complesse, facendo riferimento tra l'altro alle mestruazioni come uno dei motivi che dovrebbero far preferire un uomo a una donna. Una collega di sinistra, tra l'altro. E io che pensavo proprio a lei come alla possibile responsabile
-ho pensato a tutte le volte che uso la parola Troia e ci ho pensato e ci ho pensato
-ho pensato anche che del corpo insegnante femminile che ho incontrato nella mia vita ne salvo pochissime, due in tutto, perché il resto sono state la plastica incarnazione della Reazione, del Conservatorismo, della chiusura mentale, del sopruso, dello scherno, della violenza psicologica ma poi invecchiando mi domanda sempre: cosa sapevo di loro? Cosa sapevo della loro educazione, del loro ambiente familiare, dei loro drammi
-all'importanza delle parole
-ho pensato alle mie amiche e al peso che hanno avuto nella mia vita: Patrizia, Elisabetta, Giorgia, Barbara, Chiara, Alessia, Irene, Veronica, Lisa, Giovanna. Tutte donne che mi hanno sempre insegnato e aiutato a dubitare di tutto ciò che ero, sono e sarò
-a me che se quante volte nella mia vita ho fatto a meno del cibo e a quante volte questo desiderio di non tornare a mangiare mi sale dal cuore
-e poi a Andrea e Simone, i tanti odiati frocioni che stanno sulle palle a Pillon e a tutto il resto della marmaglia, perché oltre ad avermi salvato la vita mi hanno anche aiutato a riflettere e ad aprire gli occhi sulle svariate possibilità di essere quella roba che ha un pisello fra le gambe. Senza di loro non sarei ancora in vita
Ultima cosa, poi arriva la nota polemica:
è ora che i maschi si diano una mossa, si mettano in dubbio, nel concreto però, non a parole. Leggete questo libro. Provateci. Proviamoci.
Nota polemica che esula anche da questo libro:
Nel libro Giulia Blasi fa riferimento a pagina 37, ma in realtà questa cosa aleggia un po' ovunque, a genitori colti e metropolitani che stanno sul pezzo e garanti di una maggiore apertura mentale.
Ecco, io nella mia vita e nella mia quotidianità lavorativa, non ho riscontrato nel pratico grandi differenze da chi non è colto e vive in provincia e manco legge. Anzi, almeno nella mia esperienza, ho vissuto spesso il contrario. Un contrario duro e spigoloso, difficile, ma vivo, fatto di carne, lacerante.
Ho un padre che vota a sinistra da una vita, antiberlusconiano, antisalvini, antidimaio, antifascista, lettore accanito che da una vita non fa che denigrarmi, trattarmi come un coglione, sfottermi, giocando sulle mie paure, i miei tormenti e impedendomi di sorridere. Tutto però nell'alveo di un ricatto classicamente narcisistico.
Mi ha rovinato la vita.
Spesso sul lavoro ho vissuto e subito con profonda tristezza e frustrazione la totale mancanza di educazione, rispetto, cortesia proprio da parte di coloro che fanno parte della classe intellettuale, che studiano, che sono di sinistra, che parlano di diritti, che si scagliano contro le ingiustizie del mondo, che operano nel sindacato.
Non ci vedono a noi donne, uomini e Lgbt delle pulizie se non siamo argomento di qualche documentario, saggio, film, disco, poesia, romanzo, reportage. Se non diventiamo protagonisti di quei soliti film tediosi finito realistici, sempre con quel riscatto finale, in perfetto stile masturbatorio, che riempie d'orgoglio un certo tipo di spettatore.
Però nessun problema a sfoderare un cazzo mentre una donna sta pulendo a un metro da te.
Nessun problema a lasciarmi l'assorbente per terra mentre sai che sto pulendo il cesso accanto al tuo e c'è un bel rotolino di sacchetti per gli assorbenti in un contenitore appeso al muro o a buttarmi la sigaretta a dieci centimetri da me per poi il giorno dopo arrovellarti sul degrado della società.
Nessun problema se mi lasci in giro tutta la tua merda dopo che hai finito l'aperitivo e la festa e le foto.
Tutte donne e uomini colte, metropolitane, provenienti da una buona, ottima o magari proletaria famiglia, che votano a sinistra o che non votano in attesa del prossimo sol dell'avvenire o di una sinistra che sta dentro il vassoietto di tartine, aperitivi e hummus.
Tutti esseri viventi che sommergerei volentieri in un'onda di potage.
Note:
http://www.giuliablasi.it/
Andrea Consonni, Comeback Kid, 11 novembre 2018