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giovedì 14 giugno 2018

"Le più fortunate" di Julianne Pachico (Sur)



Quanto mi è piaciuto e mi ha convinto questo romanzo d'esordio britannico/colombiano, "Le piu' fortunate" di Julianne Pachico (Big Sur, traduzione di Teresa Ciuffoletti), su cui riponevo grandi aspettative. 
Letto in una giornata, ricevendo parecchi spunti, segnando a penna e matite molte pagine, appuntando alcuni passaggi e suggestioni stilistiche. 
Facendomi conquistare e liberare la testa in questo periodo davvero difficile della mia vita.
Ci sono volte che vorrei stringere la mano a una scrittrice e dirle "Grazie".

In breve alcuni degli aspetti che ho apprezzato di questo romanzo:

-mi piacciono i romanzi polifonici e con una trama non lineare e questo romanzo scansa a mio parere tutte le scorciatoie per confondere inutilmente o fornire tutti gli incastri della storia. Agisce per sottrazione e sfumature. Mostra personaggi e vicende nei vari anni, illuminandoli e frammentandoli, sovrapponendoli e illuminando angoli oscuri, celando altri per sempre.

-il titolo. Sia quello originale che quello italiano. Ha un suono bellissimo.

-la copertina che restituisce tutta la bellezza e i segreti di una foresta.

-come l'autrice ritrae questo gruppo di ragazzine figlie di narcotrafficanti, signori della guerra, potenti colombiani. Ragazzine che frequentano una scuola esclusiva, feste in ranch magnifici con tanto di leoni. Le segue dalle elementari fino all'età adulta e lo fa con tanta delicatezza, partecipazione, ricordando a tutti i lettori che anche queste bambine/ragazze/donne sono esseri umani a tutti gli effetti.

-Cali.

-come queste ragazzine ricchissime mi hanno ricordato le mie compagne in collegio, super privilegiate pure loro e che mi raccontavano sempre di vacanze fantastiche in giro per il mondo o arrivavano a scuola col disco nuovo, le scarpe di tendenza, lo snowboard. In particolare mi hanno ricordato Chiara, una principessa che sedeva nel banco davanti al mio, coi suoi capelli bellissimi, fatati, tinti di biondo, dentro cui infilavo le matite facendola sorridere e sospirare. 

-come la Pachico racconta la tragica storia della Colombia: guerra civile, sequestri, attentati, narcotraffico, cocaina, squadre della morte, rivoluzionari. Lo fa con durezza e pudore, cercando di non cadere negli stereotipi ma restituendo il lato umano e piu' intimo di chi quella storia la visse sulla propria pelle.

-il primo capitolo, Fortunata, è quasi un film dell'orrore metafisico, fra riti ancestrali e sequestri, privilegi che vivono dentro le pareti di una casa protetta e una ragazzina rimasta sola. Angosciante.

-il professore prigioniero dei guerriglieri che continua a insegnare alle piante, ai bastoncini, alle foglie, ai sassi.

-le variazioni stilistiche all'interno della narrazione, con le voci e i piani che si mescolano, come se si fosse circondati da fantasmi, presenze, morti viventi, ricordi, pensieri, sospiri. Un'esperienza dissonante e carnale con le frasi che ti si attorcigliano allo stomaco, al cuore, alla lingua, ti penetrano le pupille.

-una bambina che diventerà una guerrigliera e che si ribella all'autorità scolastica.

-i conigli, in quello che è uno dei racconti migliori che io abbia mai letto sulla droga. Immaginatevi dei conigli di una villa distrutta che si trasformano in tossici mangiando foglie di coca abbandonate. Un racconto che parte dalla coca e arriva al fumare i cristalli, alle crack house, al deperimento fisico/mentale/nazionale. La degenerazione di un mondo che è già nel baratro.

-l'autrice è incredibile quando scrive delle donne di servizio.

-la maestria nel raccontare chi se ne è andato (negli Stati Uniti) e vive in una terra di mezzo e cerca in qualche modo di recuperare il legame perduto giocando su un letto coi ricordi dell'infanzia, in un viaggio, sniffando coca, cercando su Google indizi del proprio passato.

-la speranza, dolorosa, che effonde questo libro. Questa sorta di utopia che la Colombia un giorno starà meglio.

-il senso di vuoto e presenza che lasciano i morti. Perché i morti ti girano intorno tutto il giorno.


2 commenti:

  1. Lo sto leggendo ora. Ho appena lasciato il figlio del Generale che trema forte forte, si preme le orecchie sul muso con le zampe. I doveri della giornata incombono ma giro la pagina e c'è la Valle del Cauca, 1993.
    Non so se i doveri avranno la meglio.

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    1. Quando leggo i doveri vanno spesso a farsi benedire. Ho perso un battesimo perchè ero totalmente immerso nella lettura. E comunque sono molto felice che ti stia piacendo questo romanzo. Per me è stata una splendida scoperta.

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