Leggere “Novantatré” di Mattia Feltri (Marsilio) è come leggere, con le dovute e giuste distinzioni, “I poemi di Fresnes” di Robert Brasillach. Da una parte i ladri, i corrotti, i suicidi, i tangentari e dall’altra il collaborazionista, il fascista, il responsabile. Ad unirli la forca. Sbandierata, applaudita, auspicata. E poi i tribunali, i giornalisti, i magistrati, i manettari, i moralizzatori., i cortigiani del rinnovamento. Il popolo servo che applaude e applaude.
MAI SONO STATO E MAI SARÒ UN ESTIMATORE DEL POOL DI MILANO E ALTRE ROBE DEL GENERE
E ringrazio la mia famiglia per avermi tenuto lontano da programmi indecenti come Un giorno in pretura.
E ringrazio la mia famiglia per avermi tenuto lontano da programmi indecenti come Un giorno in pretura.
Trascrivo qui un capitolo dedicato a Gabriele Cagliari:
“Oggi è lunedí 8 marzo 1993. Nonostante tutto, nonostante le manette e tutte le cose che sappiamo, le bugie, le ipocrisie, le mani pulite e quelle sporche, e quelle tenute in tasca perché non se ne veda il lercio, nonostante tutto qualcosa va avanti. Stasera, alla Scala di Milano, si è celebrato il centenario della morte del grande compositore Petr Ilîc Cajkovskij. Hanno eseguito la sua sesta sinfonia, la Patetica. La sua ultima, la più bella, la più cupa: c’è sapore di morte nelle note finali. Questa sera, ad ascoltarla, c’era anche la signora Bruna Cagliari. Ci hanno detto che la signora ha applaudito, alla fine, è uscita ed è andata a casa. Ci è arrivata intorno alle 22, ci hanno detto, a casa c’era la Guardia di finanza, e c’era suo marito Gabriele, socialista, presidente dell’Eni. Gabriele Cagliari ha aspettato che la perquisizione finisse, poi gli agenti hanno portato via un mucchio di carte e si sono portati via anche lui. Questa notte la trascorrerà a San Vittore. Ci hanno detto che è accusato di corruzione aggravata per quattro miliardi di tangenti pagati su un conto svizzero dal Nuovo Pignone, del gruppo Eni, per forniture all’Eni. La richiesta di custodia cautelare è stata firmata da Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo. L’ha convalidata il gip Italo Ghitti. Abbiamo controllato e visto che Cagliari, a San Vittore, ci rimarrà centotrentatré giorni, sebbene già domattina ammetterà le sue colpe. Non uscirà, per centotrentatré giorni, perché non farà i nomi che ci si aspetta lui faccia.
“Ho riflettuto intensamente e ho deciso che non posso sopportare più a lungo questa vergogna. La criminilazzazione di comportamenti che sono stati di tutti, degli stessi magistrati, anche a Milano, ha messo fuori gioco soltanto alcuni di noi, abbandonandoci alla gogna e al rancore dell’opinione pubblica. La mano pesante, squilibrata e ingiusta dei giudici ha fatto il resto (…) L’obiettivo di questi magistrati (…) è di costringere ciascuno di noi a rompere con quello che loro chiamano il nostro ambiente. Ciascuno di noi deve adottare un atteggiamento di collaborazione che consiste in tradimenti e delazioni che lo rendano infido, inattendibile, inaffidabile (…). Secondo questi magistrati, a ognuno di noi deve essere dunque precluso ogni futuro, quindi la vita, in quello che loro chiamano il nostro ambiente. Si vuole creare, insomma, una massa di morti civili, disperati e perseguitati, proprio come sta facendo l’altro complice infame della magistratura che è il sistema carcerario (…) i magistrati considerano il carcere nient’altro che uno strumento di lavoro”. Gabriele Cagliari, una lettera alla famiglia da San Vittore, 3 luglio 1993.
Domattina, martedí 9 marzo, Gabriele Cagliari si dimetterà dalla presidenza dell’Eni e ammetterà al Gipè di aver avuto un ruolo in quelle mazzette. Giovedí 11 marzo sarà interrogato da Colombo e ripeterà le ammissioni. L’avvocato ne chiederà la scarcerazione. Il giorno stesso il gip risponderà di no: né libertà né arresti domiciliari. Il fatto, scriveranno i magistrati, è che serve che Cagliari resti in cella, perché “i reati contestati trovano origine e causa in un più vasto ambito che deve essere dettagliatamente ricostruito”. Seguiranno altri interrogatori, e altre domande di scarcerazione. La prossima, il 19 marzo: rigettata. La successiva, il 29 marzo: rigettata. Ci siamo informati sull’età di Gabriele Cagliari: sessantasette anni. Le cose andranno avanti cosí, fra istanze rigettate e nuovi ordini di custodia cautelare, fino al 21 luglio. Quel giorno, Cagliari uscirà da San Vittore. Nella cella troveranno numerose lettere, le più delle quali indirizzate alla moglie. Una comincerà cosí: “Cara Bruna, sono pronto a un atto di ribellione”.
“L’ex presidente dell’Eni, Gabriele Cagliari, si è ucciso ieri mattina nel carcere di San Vittore, dov’era detenuto dal 9 marzo (…) Venerdí il pm De Pasquale s’era opposto alla scarcerazione. È morto soffocato da un sacchetto di plastica avvolto attorno alla testa e stretto al collo con un laccio da scarpe”. Corriere della Sera, 21 luglio 1993.” (pp. 191-193)
Questo lungo è estratto è dedicato in primis alla memoria del mio zio paterno, Antonio, che, fino alla sua morte avvenuta in una camera di rianimazione nel 1997 a cinquant'anni, mai rinnegò di essersi presentato alle elezioni col Partito Repubblicano e di averlo votato in maniera convinta.
Sarebbe stato uno straordinario uomo politico mio zio e quanto mi manca oggi la possibilità di discutere con lui di politica, letteratura e fumetti.
In secondo luogo questo estratto è, per motivi strettamente personali e che non ho nessuna voglia di spiegare, in memoria di Sergio Moroni e in onore della battaglia di testimonianza di sua figlia Chiara.