Torno sempre alle mie riletture celiniane, in questo caso "Mea Culpa - La bella rogna", nelle traduzioni di Giovanni Raboni e Daniele Gorret, con un saggio di Jean-Pierr Richard, uscito per Guanda nel 1982 e attualmente fuori commercio.
Alcuni estratti da "La bella rogna":
"Cercate di capire quel che vogliono? Vogliono cosa?...Non ne san niente! I radicali? La monarchia? Il ritorno "come prima? Il Sol dell'Avvenir? I Falansteri? La guerra civile elettorale? Alessandro Dumas Dittarore? Il Comitato Mascurand? Léon Blum? Reynaud? I Gesuiti? La proporzionale? I Giochi del Lotto? Il gran Mogol? Vogliono cosa? Non lo sanno loro stessi. Han tutto rovinato, putrefatto, vomitato come capitava, tutto quello che toccheranno farà la stessa fine, porcheria, immondizia nel giro di due giorni. Voglion rimanere carogne, sbracati, cassinati, trincatori e basta. Non hanno un altro programma. Vogliono rivendicare dappertutto, in tutto e su tutto e poi basta. Son degli avanzi che han dei diritti. Un paese finisce in "diritti", in diritti supremi, in diritti a niente, in diritti a tutto, in diritti di gelosi, in diritti di fame, in diritti di vento." (pag. 65)
"Il popolo un tempo aveva, per pazientare, la prospettiva del Paradiso. Ciò facilitava molte le cose. Faceva investimenti in preghiere. Il mondo intero riposava sulla rassegnazione dei poveri "dixit Lamennais". Adesso non si rassegna più il povero. La religione cristiana è morta, con la speranza e la fede. "Tutto in questo mondo e subito!" Paradiso o no!... Come il borghese, come l'ebreo. Andate un po' a governare in condizioni simili!... Ah! È infernale! Un orrore! Son disposto ad ammetterlo. La prova è che nessuno ce la fa più." (pag. 84)
"Gli uomini sembrano provare un grande spavento, assolutamente insopportabile di ritrovarsi un bel mattino, tutti soli, assolutamente soli, davanti al vuoto. I più audaci, i più temerari si aggrappano, nonostante tutto, a qualche trama abituale, opportuna, classica, sperimentata, che li rassicura e li tien legati alle cose ragionevoli, accettate, alla folla delle persone dignitose. Si direbbe che sian colte dal freddo. Così Drummont e Gobineau si aggrappano alla loro Madre la Chiesa, al loro cristianesimo scarsissimo, perdutamente. Brandiscono la croce di fronte all'ebreo, patentato tizzone d'inferno, l'esorcizzano a gran colpi d'aspersorio. Quel che soprattutto rimproverano al giudeo prima di tutto, più di tutto è di essere l'assassino di Gesù, l'imbrattatore d'ostia, il gran guastarosario...Come son campati in aria questi lamenti! Un antidoto la croce? che farsa! Come tutto ciò è mal concepito, di traverso e falsamente, com'è pasticciato, piagnucoloso, timido. L'ariano in realtà soccombe per grulleria. Ha abboccato alla religione, alla Leggenda tramata dagli ebrei espressamente per la sua perdita, la sua castrazione, la sua servitù. Diffusa alle razze virili, alle razze ariane detestate, la religione di "Pietro e Paolo" compì ammirevolmente la sua opera, degradò in accattoni, in sotto-uomini dalla culla, i popoli sottomessi, le orde ubriacate di letteratura cristiania, lanciate imbecilli perse, alla conquista del Santo Sudario, delle ostie magiche, abbandonando per sempre i loro Dei, le loro religioni esaltanti, i loro Dei di sangue, i loro Dei di razza. E non è tutto. Crimine dei crimini, la religione cattolica è stata attraverso tutta la nostra storia, la grande ruffiana, la grande imbastardatrice delle razze nobili, la grande procacciatrice dei rognosi (con tutti i santi sacramenti), la rabbiosa contaminatrice. La religione cattolica fondata da dodici ebrei avrà giocato fino in fondo tutto il suo ruolo quando saremo scomparsi, sotto i flutti della turba enorme, del gigantesco lupanare asiatico che si prepara all'orizzonte. Questa la triste verità, l'ariano non ha mai saputo amare, adulare che il dio degli altri, mai ha avuto religione propria, religione bianca. Quel che adora, il suo cuore, la sua fede, gli son stati forniti in tutti i loro elementi dai suoi peggiori nemici. È assolutamente normale che ne crepi, il contrario sarebbe un miracolo." (pp. 85-86)
"Il popolo non ha ideali, solo bisogni. Cosa sono i bisogni?
Sono che i loro prigionieri ritornino, che non ci sia più disoccupazione, trovare lavori per benino, aver la sicurezza, essere assicurati contro tutto, il freddo, la fame, l'incendio, avere le vacanze pagate, la pensione, la stima, la belate e il cicchetto, più il cinema e il "bois de rose", un temperamento carognosamente smoking e la motoretta d'occasione per le passeggiatine in famiglia. È un programma tutto in tema, da buona spanciata e minimo sforzo. È borghesia in embrione che non ha ancora trovato la sua sinecura. I più terribili sconvolgimenti non cambieranno il suo programma. È un sogno da insicuro, da contadino che non ha più la sua vacca, non ha più terra, più castagne, che si aggrappa a tutto quel che trova, che ha paura che il mondo gli manchi, che tutto gli frani tra le dita. Tutto questo dice tra sé è fantastico! cresce da solo, non durerà...Sarò pacifico solo da funzionario...Ah! brutta troia devo averla! La pensione o morire! la Previdenza o la morte! Il panico è sempre brutto, bisogna prender le cose come sono. Non sarebbe poi così abominevole, si potrebbe benissimo sistemare, se gli infami non approfittassero per fornicarci con le loro porcherie, gli occulti coltivatori di odi, che non demordono mai, avvelenano, dispongono le trappole, accoppano, torturano a piacere. È l'Abisso, è l'Apocalisse, con tutti i suoi mostri scatenati, avidi, squartatori fino in fondo all'anima, che si schiude sotto gli uomini della strada." (pag. 92)
"L'insurrezione è sfinita quando ha pagato le sue fatture. Le rivoluzioni si smorzano, le vergini rosse impallidiscono un po'...È un baratro "il Progresso in marcia". (pag. 100)