
Poco prima di leggere lo splendido saggio di Paul Avrich “Ribelli in paradiso. Sacco, Vanzetti e il movimento anarchico negli Stati Uniti", pubblicato negli Stati Uniti nel 1991 e riproposto finalmente oggi Nova Delphi con la traduzione di Antonio Senta, mi era capitato di leggere sulle pagine de Il Manifesto una lunga intervista di Andrea Colombo a James Ellroy dove l’autore americano esprimeva queste considerazioni: “Mi piace un bello scandalo nella polizia. E godo a ideare delle belle e corpose ingiustizie. Però, sto attento: questi fatti molto raramente accadono come la gente pensa che accadano. Per esempio, io sono sicuro che Sacco e Vanzetti fossero colpevoli. Sono certissimo che i Rosenberg siano stati giustiziati a ragion veduta per spionaggio atomico. Tutte queste vicende possono sempre essere viste da un’altra prospettiva, a meno che non si sia dotati di un occhio da agit-prop o non si adottino posizioni ideologiche rigide, sia di destra che di sinistra. Tra le persone accusate nelle vicende che ho ripreso nei miei libri - penso al caso degli Scottsboro Boys o a quello della Sleepy Lagon - credo che più d’una fosse effettivamente colpevole. Ne sono convinto, e lo dico da figlio di una madre assassinata, da lettore attento degli archivi della polizia e da uomo costantemente lacerato tra a una pulsione anarchica e la ricerca dell’ordine.”
Sono parole forti che però, a mio vedere, possono aiutare a inquadrare il libro di Avrich e la sua importanza. Perché direte voi? Perché vasta cominciare a sfogliarlo per accorgersi che l’intenzione del saggista statunitense, grande studioso e conoscitore del mondo anarchico, non è tanto quella di discutere della colpevolezza o innocenza di Sacco e Vanzetti giustiziati sulla sedia elettrica nel 1927 (anche se il libro documenta tutta la vicenda, senza però arrivare a scagionarli completamente), di abbellirne il ritratto, di far passare la vulgata romantico/sedentaria che fossero due uomini presi a caso per strada, due pacifisti quanto invece quella di restituire piena luce da un lato a queste due figure complesse, raccontate sin dalle loro origini e nelle loro differenze (la partenza da Puglia e Piemonte, l'incontro con gli Stati Uniti, il lavoro, gli affetti e l'incontro con l'anarchismo) e dall’altro all’intero movimento anarchico statunitense, spesso composto da immigrati italiani. Tutt’altro insomma da un certo modo di raccontare che non vede l’ora di celebrare santini, scrivere agiografie, ripulire tutto, abbellire personaggi complessi che possono essere usati per ogni evenienza.
“Ribelli in paradiso” è un saggio che si fa racconto appassionato e insieme analisi dettagliata di vicende dimenticate o poco studiate e che restituisce dignità e giusta visibilità a storie di anarchici come Luigi Galleani autore di un testo fondamentale come “La fine dell’Anarchismo?” e propugnatore della propaganda col fatto che morì nell’Italia fascista e poi storie di dinamite, di attentati (colpiti luoghi simbolo come Wall Street e magistrati, politici, militari, uomini d'affari, giudici), di anarchici che attaccano, che si vendicano, che combattono per la rivoluzione, che muoiono durante un attentato come Carlo Valdinoci, che scappano per evitare l'arruolamento, che s’innamorano, che scrivono, che creano circoli, che lavorano e poi pagine che esplorano la vita durissima degli immigrati e del razzismo che subirono, della pubblicazione di giornali anarchici come "L'Adunata dei Refrattari" o "Cronaca Sovversiva", della Red Scare ("Paura rossa"), delle inchieste pretestuose, dei rimpatri forzati, degli arresti indiscriminati:
“Nel dicembre 1919 il Dipartimento di Giustizia cominciò una serie di retate in tutto il paese con l’obiettivo di espellere una serie di restate in tutto il paese con l’obiettivo di espellere i radicali stranieri. Con la collaborazione della polizia locale, gli agenti del Bureau o Investigation fecero irruzione nei luoghi di riunione e nelle case, sequestrando materiale e arrestando chiunque trovassero. I radi furono compiuti con totale sprezzo della legalità: migliaia di stranieri furono arrestati e spesso torturati. Il più delle volte gli arresti venivano compiuti senza mandato e gli uomini erano picchiati senza motivo. (…) Tra il novembre 1919 e il febbraio 1920, quando gli arresti cominciarono a scemare, erano state intraprese le pratiche per l’espulsione di circa tremila stranieri. Di questi ne saranno effettivamente espulsi circa ottocento, tra i quali molti anarchici, sebbene solo pochi avessero commesso qualche crimine. Il 21 dicembre 1919 duecentoquarantanove persone, tra cui Emma Goldman e Alexander Berkman, furono imbarcate e deportate in Russia.” (pp. 282-283)
, delle manifestazioni che finiscono in tragedia, di straordinarie figure femminili come Ella Antolini o Emma Goldman e di tutta una vivacità culturale e conviviale fatta di scontri teorici ma anche di sorrisi, strette di mano, figli, picnic.
Difficile far emergere tutto quello che c’è di buono in questo libro ma di sicuro emerge come Sacco e Vanzetti, al di là della sentenza, erano uomini pronti a sparare, a contribuire agli attentati, alle rapine, agli espropri, che non si sarebbero certo preoccupati di qualche morto, delle conseguenze degli attentati. E' una lettura importante questa perché pone una domanda forte all’oggi e interroga tutti sul silenzio complice dell'opinione pubblica, sulle campagne mediatiche contro il "nemico interno", ai vari Patrioct Act messi in pratica o sventolati a ogni possibile “crisi", tenendo sempre ben presente che i protagonisti di questo libro con la democrazia parlamentare, le leggi, i proclami patriottici, le elezioni non c’entrano proprio nulla, anzi, ne prendono debitamente le distanze, li combattono a suon di scritti, agitazioni di piazza, scontri, attentati. Nessuna anima bella, ma senza che si respiri agiografia. E’ un libro che fa parlare gli eventi, gli stessi protagonisti e cquesti non parlavano in altro modo.
Con questo libro Avrich erano e almeno per il tempo di una lettura ci si sente in bocca il profumo della dinamite e il cuore che batte per le gesta di questi anarchici (ma anche socialisti) che sfidarono lo Stato, l’impero statunitense, rischiando la vita o la prigione, pagandone il prezzo ma lasciando dietro di loro solchi di terra fertile che ancora oggi, me lo auguro, possano accogliere i semi di una rinnovata speranza nel cambiamento.
Alcune informazioni: "Ribelli in paradiso. Sacco, Vanzetti e il movimento anarchico negli Stati Uniti" di Paul Avrich (Nova Delphi, 2015, traduzione di Antonio Senta). Titolo originale: "Sacco and Vanzetti: The Anarchist Background", 1991.
Andrea Consonni, Lugano, 12 aprile.
Un doveroso ringraziamento a Isabella Borghese.