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martedì 29 dicembre 2015

Balthazar "Rats" + mia sorella in Egitto + Eric Zemmour + Das + uno dei miei dischi dell'anno


Che super scoperta! Ed è tutto merito della mia amica Pat. Quello in copertina mi ricorda il sottoscritto ma senza capelli rossi.




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Come tutti gli anni mia sorella è tornata ai suoi scavi archeologici in Egitto. Potete seguire il tutto qui.

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Quando leggo notizie come questa io sto male: "Fibre di amianto nel "vecchio" Das, il gioco dei bambini di 40 anni fa" . Il sottoscritto ogni tanto l'ha mangiato.


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Uno dei miei dischi dell'anno.

lunedì 28 dicembre 2015

Regali. Feste quasi alle spalle

Un regalo super gradito.


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Una parte delle feste è alle spalle.
Ho ricevuto anch'io il classico cesto natalizio.
Che tristezza.
Tutti prodotti Bio.
Tra l'altro gli stessi dell'anno scorso.
Uno più schifoso dell'altro.
Quest'anno cercherò di distribuirli.

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Sono affezionato a Giuseppe Culicchia anche se è da parecchio tempo che non riesco più a leggerlo veramente. Ci provo con quest'ultimo. E la recensione di Massimiliano Parente: "Il reportage di Giuseppe Culicchia ci vende una Cina non taroccata". Tra l'altro Massimiliano ha scritto questo articolo molto spassoso: "Biologia di Fabio Fazio: quel milionario di sinistra più furbetto di Santoro"

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Appartengo a quella schiera di esseri umani che nei festivi lavorano quasi sempre. Ma a tutto c'è un limite. Supermercati aperti a tutte le ore. 7 giorni su 7. Ieri ho assisto a fenomeni raccapriccianti: colonne per infilarsi in outlet e supermercati. Sempre e soltanto fare la spesa. Spendere. Adesso sappiamo anche fare da soli giocando col codice a barre. E come siamo contenti quando ci riusciamo senza chiedere aiuto a una commessa. E che felicità quando troviamo il supermercato aperto 24 ore su 24. Lo so, sono fuori dal tempo, sono un retrogrado, uno che vive nel passato ma rimpiango ancora le domeniche lente, i negozi chiusi, la gente a spasso, negli oratori, in casa. Rimpiango quel sentimento anche di angoscia che ti assaliva. Di solitudine. Di desideri e bisogni impossibili. Lo rimpiango davvero quel tempo. E allora rilancio questo articolo:




domenica 27 dicembre 2015

Pelle + "Radici" di Giorgio Pandiani

Ieri c'era tantissima gente al cinema e tanto ero/sono stanco che stamattina mi sono svegliato con ancora il frastuono nelle orecchie. Le mani mi facevano male. E anche dopo la doccia l'odore di pop-corn non mi si era ancora staccato dalla pelle. Oggi giornata di riposo che di riposo non è stata. Ho ancora la stanchezza incollata alle ossa. Questa stanchezza mi svuota il cervello. M'impedisce di leggere con attenzione. Di scrivere. Di respirare. Per fortuna ho una compagna straordinaria con la quale parlare e sfogarmi e sorridere. Una compagna da ascoltare. Dalla quale prendere esempio.

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Un fumetto che arriva da Lecco. 
Cercatelo qui

venerdì 25 dicembre 2015

Il film di Natale


Che film: "Strada a doppia corsia" di Monte Hellman.

giovedì 24 dicembre 2015

il natale del 1987, mia nonna e mia madre




anche se non lo festeggiano ne parlano tutti.
ne parliamo tutti.
non ho figli e probabilmente non ne avrò mai ma se penso al natale non posso che pensare ai bambini e a me stesso che si avvicina a questo strano giorno
a quei tempi ero felice di abbandonare per qualche giorno l'asilo e poi la scuola.
questo è quanto conserva la mia memoria.
sono stato spesso ammalato a natale.
quasi tutte le malattie infettive mi hanno colpito a natale o nei giorni che gli giravano intorno.
ma anche influenza e diarrea.
ci sono un paio foto di natale dove sembro un fantasma tanto sono trasparente e cadaverico.
nel 1987 avevo 8 anni e poco meno di un mese prima di natale mori' mia nonna.
una notte fu colpita da ictus. io ero sveglio. avevo capito che c'era qualcosa che non andava ma non ebbi il coraggio di svegliare mia madre.
la notte mi faceva tanta paura.
mia nonna mori' pochi giorni dopo.
l'ennesima colpa che mi porto dentro.
era lei che mi aveva salvato la vita intuendo un mio problema di salute e invitando i miei genitori a portarmi dal dottore.
prima che morisse le poggiai la testa sul petto e piansi a dirotto..
non l'avevo aiutato come lei aveva aiutato me.
mia madre le sciolse i capelli che erano lunghi più di due metri.
quel natale fu molto triste. mia nonna mi aveva fatto una regalo immenso e quando lo scartai mia madre scoppio' a piangere.
mia madre prima di morire cerco' di resistere fino a natale.
mangio' caviale avvolta in una coperta. dopo due portate era già sul divano.
natale era una festa importante per la mia famiglia materna. era una famiglia molto povera e natale era la sola occasione per festeggiare e per ricevere e distribuire doni. in camera mia c'è una bambola che si tramanda da madre a madre e che finirà a mia sorella.
natale era il giorno di mia nonna e mia madre.
era il giorno in cui mia madre sorrideva.
natale è il mio vecchio letto dove ho dormito per anni e da dove mi alzavo per aprire regali.
il letto era di mia nonna.
ci aveva dormito per anni e anni.
nonna, tu eri una vera strega.
una volta ho visto una volpe.
io lo so che eri tu.
natale è sempre stato un peso di dolore che da quando sono morte mia madre e mia nonna non vale più la pena di affrontare.
un peso di dolore gigantesco come una galassia.


Proposito di lettura

Guardando al prossimo anno uno dei miei obiettivi di lettura è leggere tutto "I mistici dell'Occidente" di Elémire Zolla:


(qui)


(qui)

Se fate il conto delle pagine e dell'argomento, potete ben capire che non si tratterà di una lettura semplice. 



(qui)

in silenzio






tornare di notte.
salire in ascensore.
entrare in casa.
ascoltare una famiglia che litiga.
andare al cesso mentre il tizio nell'appartamento affianco tira cocaina.
guardarsi allo specchio e piangere.
per riprendermi guardo la mia compagna che dorme sul divano.
è avvolta in una coperta bianca e si copre la bocca con una mano.
con l'altra stringe uno dei due volumi di racconti di Cechov che legge e rilegge da tantissimo tempo.
dorme a bocca aperta.
tutti i racconti riportano sottolineature.
sul tavolo ci sono già quattro birre e un bicchiere di vino bianco.
sono stanco.
e sono uno che odia bere nei locali o in qualche cazzo posto dove servono robe bio e simili.
guardo fuori dalla finestra.
c'è una donna che su un balcone sta piangendo illuminata dallo schermo del suo cellulare.
i televisori accesi.
gli alberi di natale.
le tapparelle abbassate.
cani al guinzaglio.
le puttane che fingono orgasmi oltre le pareti.
i tizi che tornano dalle discoteche.
mi mancano 11 ore al prossimo turno di lavoro.










martedì 22 dicembre 2015

Due brevi righe su "La questione più che altro" di Ginevra Lamberti (Nottetempo)



La voce di Gaia che mi cresceva nel cuore, nella gola, nella testa, nello stomaco mentre leggevo l’esordio di Ginevra Lamberti “La questione più che altro” (Nottetempo) era la voce della mia ragazza mentre mi racconta dei suoi problemi, della sua provincia veneta, dei suoi sogni, delle sue difficoltà, era quella di un’amica scomparsa (leggermente) logorroica che mi rovesciava addosso il suo malessere e i suoi esami e i suoi tremiti sentimanali e che forse non ascolterò mai più, era il sussurro di mia madre in un letto d’ospedale fra un’operazione e una seduta di chemioterapia che mi raccontava storie dimenticate e mi rassicurava dell’amore che aveva sempre provato per me anche se io non ci avevo mai creduto, era la voce fatata della mia nonna materna che mi portava a spasso per le vie del paese trasformandolo in un mondo incantato, era la voce rauca della mia nonna paterna che mentre mi accendeva una sigaretta mi chiedeva “Hai dormito stanotte?”, “Se vuoi piangere, piangi pure, non lo dico ai tuoi genitori”, era la voce solidale e attenta alle contraddizioni e allo sfruttamento che vorrei tanto sentire mentre lavoro al cinema e che invece non sento e che mi devo inventare servendo clienti e cuocendo tonnellate di pop-corn, era la voce di una provincia che ci resta dentro anche se si scappa lontani e si lavora a Venezia, era la voce degli attacchi di panico che mi auguro sempre di non sentire mai più e che invece torna ciclicamente a fare capolino sbarazzina quando meno me lo aspetto (anche se me lo aspetto). Non vi ho raccontato la trama, non vi ho detto cosa succede a Gaia, non vi ho parlato di autori e stile perché mentre cercavo di scrivere l’altra recensione (quella seria, precisa, puntuale che da tempo ormai non mi va quasi più di scrivere) mi sembrava di rovinarlo questo romanzo, di rovinare l’intensità dei sentimenti che avevo provato durante la lettura, di dimenticare la sua bellezza.

lunedì 21 dicembre 2015

Kovlo - Walesa (official video)



Oggi è stata una vera giornata di merda.
All'insegna dello stress, dell'inutilità, del vuoto.
Del lavoro.
Di un lavoro che sono stanco di svolgere.

Per fortuna questa giornata si chiude con questo video dei Kovlo: "Walesa", primo singolo dell'album "Timelaps" che esce il 23 gennaio.

Il mio pensiero corre a Elena.
Uno degli incontri migliori della mia vita.
Che con la sua leggerezza e la sua lentezza, il suo sguardo obliquo, le sue domande spiazzanti mi aiutarono a respirare. 

Quanta rabbia quando ancora oggi leggo di pregiudizi, barriere architettoniche, battutine, ghetti.

Guardate questo video.
Guardatelo.

Quante lacrime mi stanno per gonfiare gli occhi.

sabato 19 dicembre 2015

Due righe sui racconti di "Watchlist" (Edizioni Clichy) + Konrad Lorenz


Il lancio di questa raccolta recita cosi: "Oggigiorno siamo tutti osservati. E il fatto che quest’affermazione non sia più scioccante, già di per sé è uno choc. Sappiamo infatti che non possiamo più sottrarci allo sguardo del mondo, e che l’unica cosa nascosta è la natura di chi ci osserva. Come influisce su di noi la sorveglianza costante cui siamo sottoposti? Modifica il nostro comportamento mentre lottiamo per ottenere l’approvazione o evitare il giudizio di un pubblico senza volto? Fino a che punto lo sguardo altrui definisce ciò che siamo?"
Insomma un tema decisamente importante e nelle mie corde.
I racconti sono parecchi e come in tutte le raccolte il risultato è altalenante e la maggior parte di questi racconti purtroppo non mi ha convinto del tutto perché li ho trovati troppo statici, ripetitivi, noiosi e anche parecchio dogmatici. Di sicuro ho scoperto alcuni autori interessanti che non conoscevo e che spero vengano prima o poi tradotti.
Fra i migliori segnalo: "Dormire dove ha dormito Jean Seberg" di Katherine Karlin (una ragazza che torna nel suo paese d'origine e riflette sui cambiamenti e sul controllo), "Testimonianza di Malik, agente israeliano, prigioniero numero 287690" di Randa Jarrar (un uccello scambiato per una spia israeliana), "Prenderlo nel Google" di Cory Doctorow (il titolo dice tutto), "Ladykiller" di Miracle Jones (fino a che punto si può spingere il controllo in una coppia), "Progetto Trasparenza" di Alissa Cutting (vi andrebbe di girare con una parte dei vostri organi interni esposti al pubblico?), "Il regalo" di Mark Irwin (in regalo un vasetto con un omino piccolo piccolo), "Senza Luna" di Bryan Hurt (creare nella propria stanza un universo e controllarlo), "Il nostro nuovo quartiere" di Lincoln Michel (sulle paranoie della vicinanza), "Osservatore violatore" di Aimee Bender (sull'opera d'arte come osservata e osservatrice).

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Questa notizia voglio ben verificarla ma onestamente non riesco a capirla e mi sembra che ormai si stia esagerando: "Via il dottorato honoris causa a Konrad Lorenz: “Era nazista”

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Io a questo concerto ci sarei voluto davvero andare: "28/11/2015. Editors. Paladozza Bologna"


venerdì 18 dicembre 2015

La rottura di cazzo della beneficenza natalizia; "Hanno ucciso Charlie Hebdo" di Giulio Meotti (Lindau); "La casa delle parole" di Cécile Coulon (Keller)

Sulla cassetta della posta c'è l'adesivo: No Pubblicità. Ma niente da fare la pubblicità arriva lo stesso. E di questi tempi arrivano come avvoltoi anche tutti quelli in cerca di soldi per le loro buone cause. Stessa storia quando si passeggia per strada. E via con Greenpeace, LegaAmbiente, Aids, frati, suore, missionari, orfani, animali, immigrati, carcerati, WWF, divorziati, profughi, studenti, disoccupati, Amnesty, Emergency, carcerati, malati psichici, senza tetto, rom, galline incazzate, vegetariani, vegani, raeliani, buddisti, tibetani...... Che due palle. 

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Da poco uscito: "Hanno ucciso Charlie Hebdo.  Il terrorismo e la resa dell'Occidente: la libertà di espressione è finita" di Giulio Meotti (Lindau). Prefazione di Renaud Camus. Al link trovate un po' di rassegna stampa. Perché quella strage è una delle mie ferite che non si rimarginerà mai.

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Non conoscevo per niente questo romanzo uscito quindicianni fa per Einaudi. Ma credo che lo cercherò.




giovedì 17 dicembre 2015

Le feste, le schifose elezioni milanesi, Jean-Claude Michéa, cinismoilustrado, Justified e altro

- Mi chiedono di Natale, di Santo Stefano, Capodanno, Primo dell'Anno, Epifania: non festeggio nessuna di queste feste.  Lavoro o ce ne stiamo a casa per i cazzi nostri.

- Che tristezza ascoltare/leggere dispute che riguardano le elezioni comunali milanesi e quindi via con Sala, Pisapia, Sallusti, Bedori, Del Debbio, Balzani, Civati, Fiano, Majorino, etc, etc, ectc, etc.
Facce che si potrebbero tranquillamente usare per gare di freccette seduti sulla tazza del cesso.
Quanta tristezza mi fanno quelli che si appassionano a stronzate del genere.

- La noia delle dispute parlamentari. La noia. La noia.

- I gadgets. I simpatici omaggi di cui il 90% cento degli spettatori del cinema sono in ricerca. Cadaveri ambulanti in astinenza di pezzi di plastica. Gente che dovrebbe finire nelle fosse comuni. O sterminati da tumori provocati dalle sostanza chimiche contenute in quei gadgets.


(qui)


- Tutto merito della mia ragazza:


(qui)


Prima puntata della 4 stagione, una vera figata.


martedì 15 dicembre 2015

Pranzi indecenti per noi vegetariani + "Ceci n’est pas un pays démocratique" di Sebastiano Caputo + Mishima

Oggi e domani sono i miei giorni di riposo. Ma sono nervoso, stanco, molto triste per potermi rilassare. Ho la testa piena di preoccupazioni e di merda. Oggi pranzo aziendale. Molto rapido per questioni lavorative. In un ristorante molto costoso (anche se in Svizzera è la prassi pagare tanto quando si esce a mangiare) e all'apparenza di qualità. Io e tre colleghe siamo vegetariani. Il ristorante viene avvisato in anticipo. Ma come al solito mi ritrovo, da vegetariano, a essere preso per i fondelli: come antipasto una ridicola insalata di finocchi, come primo una lasagna vegetariana di tre cm x quattro tutta besciamella e di secondo mi viene servito un piatto dove sono stati buttati: patate, tre cavoletti di Bruxelles, cipolle bollite, cavolo ibis crudo, carote, patate al forno, una fettina di polenta e un pugno di lenticchie. Praticamente tutti i possibili contorni piazzati in un piatto che in bocca mi hanno lasciato un cazzo di retrogusto di merda.
E tutto questo accade ancora nel 2015.
Possibile che sia ancora cosi difficile trovare ristoranti/locali, non specificatamente vegetariani, dove poter mangiare decentemente senza toccare carne e pesce?
Dove carne e pesce non sono necessariamente sostituiti da formaggi, piadine, pizze, pasta e risotto?
Anche perché non mi piace per niente finire in un posto di Vegetariani o Vegani.
Non mi piacciono le riserve, i club riservati.

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Visto che ho l'amica francese lepeniana molto ma molto incazzata:

"Ceci n’est pas un pays démocratique"

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...in giro c'è una mishimiana superfici (lei si offende quando glielo si dice) che si chiama Barbara...
un libro su Mishima:



"Danzando nel cratere del Vulcano. L'universo eroico di Yukio Mishima” di Federico Goglio (in arte “Skoll”) (Lo Scarabeo, 2015, pp. 107, 15 euro). Se ne parla qui e qui.



(apostrofatemi come meglio credete visto quello che propongo ma non me ne frega assolutamente un cazzo)

"Crimine silenzioso" di Don Siegel + Peter Kernel


Film amato da Ellroy e dal sottoscritto.
A scialbi film di natale, allen e star wars io continuo a preferire questo genere di film.



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Dai Peter Kernel:


015 is almost over, forever. 
To celebrate this bizarre year we put together a special offer for those who want to workout with our music.
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Cool huh?



lunedì 14 dicembre 2015

"Ellroy Confidential" (Minimum Fax); "In Excelsis" di Nikolaj Roerich (Edizioni di Ar); sulle elezioni francesi di ieri; "La questione più che altro" di Ginevra Lamberti (Nottetempo)


Ellroy è uno dei miei scrittori preferiti. Alcuni estratti da "Ellroy Confidential" (Minimum Fax). Io stravedo proprio per lui. Anche proprio come persona.

"Ti consideri un nichilista?
No, benché non abbia alcun desiderio di migliorare la qualità della vita in America o di promuovere il cambiamento sociale. Coltivare un immaginario letterario ti spinge ad affezionarti alle cose per quello che sono. A cercare nel tuo profondo un'illuminazione sulla loro natura e a condividerla con il lettore. Magari la tua visione delle cose risulterà interessante, magari no. L'importante è affrontare le cose per quello che sono e non averne paura. Ma anche affrontare te stesso per quello che sei e non averne paura. Soltanto il lettore può vacillare, ma devi spingerlo ad affrontare il mondo nel modo in cui tu hai bisogno di affrontarlo." (pag. 52)

"Dici che non vuoi intrattenere i lettori ma sfidarli. In che modo?
Voglio scuoterli, spaventarli, farli riflettere. Voglio scroccarli. Più vado avanti più diventa la mia ossessione, e sto imparando a farne cio' che voglio. Voglio scuotere i miei lettori dalla loro quotidianità e condividere con loro le mie ossessioni. Voglio che siano ossessionati dai miei libri." (pag. 84)

"Nelle recensioni di chi non ama il suo lavoro, capita spesso di leggere: "Oh mio Dio, Ellroy scrive questi orrendi libri omofobi, razzisti, misogini, da psicopatico." E io penso: "Ma no, non sta scrivendo dal suo punto di vista. È entrato nella testa di questi personaggi sgradevoli". La loro visione del mondo lei non la appoggia in nessun modo.
Credo di capire a cosa allude, in particolare ad alcune opinioni espresse da Mike Davis. Stiamo parlando personaggi a tutto tondo, e in loro razzismo e omofonia sono tratti accidentali, non caratteristiche dominanti. Questa non è gente che va in giro a picchiare i neri o i gay, scagnozzi di un sistemi corrotto. Se a personaggi con cui il lettore si immedesima, personaggi che portano avanti la storia, fai dire "negro", "frocio" o "muso giallo", provochi fastidio. Il che mi va bene. Vorrei suscitare nei miei lettori reazioni ambigue. È a questo che punto. C'è una parte di me a cui piacerebbe da matti essere uno degli scagnozzi di Dudley Smith e tornare indietro a riempire di botte qualche jazzista, e una parte di me invece inorridisce.
Uno dei cambiamenti importanti che ho notato rileggendo i suoi primi lavori è che più o meno nel periodo di Dalia nera i suoi personaggi cessano di essere estranei al razzismo e all'omofobia; per esempio il protagonista di Clandestino prende chiaramente le distanze da questo tipo di posizioni. A un certo punto lei si è concesso di situare i personaggi all'interno di quella mentalità.
È da tempo che ho capito di essere un wasp eterosessuale senza speranza. E cosi sono anche i miei personaggi. Sono di un razzismo e di un'omofobia disgustosi, ma fa parte del loro carattere, che piaccia o no. Ed è inutile metterti li a replicare alle domande dei giornalisti, dicendo: "Non sono razzista né omofobo", perché nessuno ti crederà. (pp. 99-100)

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Costa tanto, 60 euro, ma ne vale la pena: "In Excelsis" di Nikolaj Roerich (Edizioni di Ar)".  A proposito di Roerich un'intervista: "Il vento e la montagna. Intervista a Curzio Vivarelli su Nikolaj Roerich".

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Sulla tornata elettorale di ieri in Francia la palma di peggiori copertina/siti se la aggiudicano Repubblica e l'Unità. Stento a riconoscere il sussulto democratico nel voto di ieri. Non riesco proprio a parlare con chi appoggia questi patti della nazione, queste riscosse democratiche, questi fantomatici fronti repubblicani.

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(qui)



domenica 13 dicembre 2015

Incontro con Andrea Lombardi, curatore del libro di Dominique de Roux "La morte di Céline", a Genova



Venerdì 18 Dicembre 2015. Ore 17


Incontro con ANDREA LOMBARDI

curatore di Dominique de Roux: LA MORTE DI CÉLINE (Lantana, 2015)

Pubblicata in Francia nel 1966 e qui tradotta per la prima volta in italiano, quest’opera ha contribuito in maniera determinante a far sì che l’opera di Louis-Ferdinand Céline non venisse seppellita con lui. De Roux contribuì a togliere lo scrittore dall’oblio nel quale era stato relegato dopo la scomparsa e a legittimarlo letterariamente, suscitando l’inizio di una discussione critica che ancora oggi non accenna a fermarsi.

Maurizio Cabona condurrà l’incontro. Presentazione di Carlo Romano

Fondazione De Ferrari
Genova, P.zza Dante 9/18
fondazione@deferrari.it | http://www.deferrari.it/
fabrizio@deferrari.it | wolfbruno@libero.it

Appunti scritti appena tornato dal lavoro


- Alla Leopolda è radunata la peggior feccia del paese

- Della peggior feccia fa parte anche tutta l'opposizione (parlamentare e non).

- La peggior feccia è un omaggio a un parente di famiglia che usava spesso questa definizione.

- Non appartengo a nessuna di queste congreghe ma sono feccia pure io.

- Fra qualche mese mi vedrò costretto a cercare un altro lavoro, a meno di quasi impossibili cambiamenti. Interessante è ricordarsi di come le lingue si allungano quando le navi affondano. Come la cattiveria diventa la regola. La solidarietà va bene per pulirsi il culo. Per questo a te, S, va tutto il mio ringraziamento per avermi fatto trascorrere oggi 6 ore con qualcuno che ha mantenuto la dignità. Due disgraziati siamo. 

- E per cosa dovrei combattere? Per chi? Stanco di me stesso, decade ogni ragione di sopravvivenza.

- Che lavoro dovrei svolgere? Dentro a un ufficio non riesco a stare. Non ho alcun tipo di competenza. Non ho alcuna abilità tecnica. Lavorare in ambito artistico mi disgusta. Sto male se sto con le persone. Non mi interessa il guadagno. Potrei forse fare la cavia per medicine. Il succhiacazzi.

- La depressione non è quella roba passeggera che provate ogni tanto. No, tutt'altra roba.

- Cerco di nasconderla ma stasera è uscita davanti a uno dei team manager. Io lo so che il mio sguardo fa male. Il mio disgusto per quello che mi circonda è talmente evidente che certe volte non so come trattenerlo. Ho mascherato il mio atteggiamento dietro il mio, evidente, stato febbrile.

- Mento anche io. Mi nascondo pure io. Non sono per niente diverso dagli altri.

- Mentre scrivo sono alla terza birra da mezzo litro.

- Il libro su Ellroy della Minimum Fax è difettoso.

- "Malacoda" dei Caspian è uno dei brani che ho ascoltato di più negli ultimi anni. Secondo un contatore almeno 200 volte. Qui in versione live.

- Mia sorella ha un problema fisico. Quel problema ci ricorda molti eventi. Lei ha paura. Io ho paura per lei. Noi non ci parliamo. Ci ricordiamo che abbiamo lei 40 anni, io quasi. Ci ricordiamo che è da questa età che il nostro corpo comincia a marcire seriamente.

sabato 12 dicembre 2015

Io, mio nonno e quando fui completamente rapito da Moby Dick & altre cosine.


Ho già scritto tempo fa di come sia stato mio nonno a farmi innamorare di "Moby Dick" ma rileggendo il romanzo nella nuova traduzione di Ottavio Fatica ho ritrovato come al solito il primo passaggio che praticamente mi fece partire (è quello sottolineato in grassetto che mi annullò):

"Il legno era bardato come un barbaro imperatore etiope, il collo carico di ciondoli politi. Una panoplia di trofei. Un vascello cannibale, agghindato con le ossa cesellate dei nemici. Le murate aperte e prive di pannelli erano guarnite tutt'intorno come un'unica mascella ininterrotta con i lunghi denti aguzzi del capodoglio, inseriti a mo' di cavigliotti per assicurare i vecchi muscoli e tendini di canapa. I tendini in questione, anziché infilarsi entro scadenti bozzelli di legno terrestre, scorrevano spediti su pulegge d'avorio marino. Sdegnando al venerabile timone un volano, sfoggiava una barra; la barra un blocco unico, curiosamente ritagliato dalla lunga e stretta mandibola del nemico di sempre. Durante una tempesta il timoniere alla barra doveva sentirsi come il Tartaro che trattiene per la ganascia il focoso destriero. Nobile legno, ancorché pervaso di malinconia; come tutte le cose nobili, del resto." (pag. 97)

e invece quest'altro mi fece guardare mio nonno. Ahab è mio nonno. E quanto mi sento Ahab anche io. E quanto mi manca mio nonno che legge ad alta voce. Da lui ho ereditato, per certi versi anche spiacevole, desiderio di leggere ad alta voce a chi sta vicino a me articoli o brani di libri che mi piacciono. Io e la mia ragazza lo facciamo spesso a vicenda. Sono uno incapace di parlare con le persone ma certe volte mi succede che mi viene sta roba di voler leggere qualcosa a chi siede vicino a me in treno o in aereo. L'ho fatto solo una volta e 1) mi sono sentito un cretino 2) la donna ha pensato che ci stessi provando 3) la donna aveva vent'anni più di me 4) io avevo 22-23 anni 5) mi offrì un caffè nella stazione di Bologna mentre aspettavo una coincidenza 6) lei voleva scopare 7) io no.

"La testa affollata di pensieri, mi avviai; quello che ero venuto a sapere casualmente del capitano Ahab mi riempiva di un certo qual vago, dirompente senso di pena nei suoi confronti. E sul momento provai compassione e dispiacere per lui, non so bene perché, a meno che non fosse per la perdita atroce della gamba. Al tempo stesso m'ispirava una strana soggezione, una soggezione che non saprei minimamente descrivere ma che proprio soggezione non era. Non so che cosa fosse, ma l'avvertivo, senza perciò provare antipatia, anche se m'infastidiva quell'aria di mistero che aleggiava intorno a lui, per quel poco che allora ne sapevo. Alla fine comunque i pensieri presero altre direzioni e, per il momento, Ahab l'oscuro mi uscì di mente." (pag. 109)

E devo ancora vedere il film di Ron Howard. Lo attendevo ma dopo averne qualche minuto, insomma, non mi convince poi molto.
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venerdì 11 dicembre 2015

Due cose sul lavoro; un paradiso musicale; "Quaderni neri"; "Braci nella notte" di Rachel Kushner (Ponte alle Grazie); "L'unica voce" di Tiziano Angri (Coconino Press)

- Uno degli aspetti positivi del mio lavoro è lavorare nei fine settimana e nei festivi. Questo per esempio mi permetterà di evitare pranzi/cene di Natale, feste/cene di Capodanno, Epifania e robe del genere. 

- Martedì scorso al lavoro è arrivato un alcolizzato che vedo sempre fuori da un supermercato a bere. Era con suo figlio. Era da tempo che non vedevo un padre così affettuoso e un figlio così innamorato del proprio padre. Li ho ascoltati parlare prima di entrare in sala e all'uscita quando il figlio riempiva di domande il papà e il papà rispondeva a tutte con calma, intelligenza, simpatia e tanto amore. Stavo pensando che quel cartone animato non mi è piaciuto, che ne ho letto stroncature ma è lo stesso cartone animato che ha permesso a un padre e un figlio di trascorrere un pomeriggio indimenticabile.

- C'è un piccolo paradiso musicale, questo: http://sophiesfloorboard.blogspot.ch




(qui)

(Comprati con le mance di tre settimane)



"I lanciafiamme" non mi aveva convinto fino in fondo. Adesso mi è arrivato questo in regalo.


(qui)


(qui)

giovedì 10 dicembre 2015

Ancora su Andre Dubus e "I tempi non sono mai così cattivi" + "Il demone della rivolta" di Alessio Lega (eleuthera)


A parte che ogni singolo racconto di Dubus meriterebbe un discorso a parte, sia tecnico (intendo tecnica narrativa e non ricerca di simboli) che di contenuti, leggendo quest'ultima raccolta e rileggendo  un paio di volte alcuni dei suoi racconti, fra le mille cose che vorrei scrivere mi limito solo a trascrivere alcuni degli appunti che ho scritto sul mio quadretto:
- la grazia di Dubus nello scrivere di religione ("Storia di un padre") e della grazia di Dio
- le donne dei suoi racconti sono spesso indimenticabili
- resto incantato da come riesce a descrivere i meccanismi che regolano il rapporto genitori/figli
- sa portare il lettore su sentieri inesplorati ma vivi dentro di noi come accade nel racconto "Anna". Uno scrittore qualunque avrebbe raccontato nel solito modo la storia di questa ragazza povera col fidanzato che rapina un negozio  (arresto, fuga, carcere, indagini, etc) mentre Dubus scrive una storia d'amore, di sogni, di acquisti, di bar, di sesso. 
- la violenza che te la senti nei denti

e mi fermo qui. Perché sprecherei troppe parole. Meglio leggere.

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(informazioni qui)

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Il segreto della vita è negli enzimi.
Questi catalizzatori naturali sono i responsabili dei processi vitali e quindi anche della crescita e dello sviluppo di tutti gli animali, piante e microrganismi della Terra. Modificano le sostanze, le trasformano una nell'altra, costruiscono nuovi tessuti e riciclano i costituenti dei vecchi.
Essi traducono l'informazione genetica contenuta nel DNA, sono gli agenti attivi dietro l'evoluzione e gli ecosistemi.
Sono i creatori e sostenitori del nostro corpo e del regno dei viventi.
("Enzimi", voce dall'Enciclopedia Treccani della Scienza e della Tecnica, 2007)


Louis Pierre-Lacouture, alias Enzym, è un artista del suono, nato nel 1987 e formatosi presso l'Accademia di Belle Arti di Bordeaux. Mixa musica elettronica, piano e organo, componendo e decomponendo melodie e ritmi come fossero pezzi di Lego, attraverso sculture sonore da dancefloor cerebrale, “Notturni” electropop ad alta fermentazione, tra Chopin e Boards Of Canada.
Ha collaborato con designer, architetti e ricercatori universitari nell'allestimento di installazioni sonore, suonando in chiese al fianco di cori liturgici, facendo interagire musica sacra ed elettronica. Questa è la sua prima data in Italia.


+ dj set +
PETIT SINGE 

Petit Singe è Hazine Francia, musicista, dj e performer di origini indiane, tra i nomi di punta della nuova scena elettronica underground italiana. Classe '85, ha dato alle stampe “Ballet EP” (2013) e l'esordio su lunga distanza “Tregua” (2014), per la label milanese Haunter Records. Techno dub, dark ambient, ritmi orientali, melodie arabeggianti…
“Prima danza. Dopo pensa. È l’ordine naturale delle cose.” (S. Beckett)


In collaborazione con:
CTRL magazine 
Fondazione Donizetti

mercoledì 9 dicembre 2015

Thee Silver Mt. Zion - Fuck Off Get Free We Pour Light On Everything (Constellations Records) + "Alle porte di Damasco. Viaggio nella Siria che resiste" di Sebastiano Caputo (Circolo Proudhon)


Ascoltare questo disco, la mattina presto, dopo quasi non aver dormito.

Alle 9 e 25 le tapparelle di casa nostra sono ancora abbassate.
La mia compagna uscita per fisioterapia.
Io con il terzo caffè nella scodella (si, la scodella) davanti al pc.
Uscirò di casa, forse, solo nel pomeriggio per una veloce commissione.
Leggerò e riposerò.
Poi il giorno finirà.

What We Loved Was Not Enough

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Condivido poco le considerazioni di Sebastiano Caputo sulla Siria e Assad ma sono molto curioso di leggere questo libro appena uscito: "Alle porte di Damasco. Viaggio nella Siria che resiste" (Circolo Proudhon)

martedì 8 dicembre 2015

Che pena mi fanno i socialisti francesi; Uno scambio lavorativo; Setsuko Hara; "Scrissi d'arte" di Tommaso Pincio (L'Orma Editore); "Dayan e altri racconti" Mircea Eliade (Bietti)

- Che pena e che schifo mi fanno i socialisti francesi che invitano a votare per Sarkozy. Anche solo per vederli piangere e strapparsi i capelli voterei la Le Pen. Ma sapete solo turarvi il naso? (Come se i socialisti francesi fossero poi qualcosa di veramente diverso dalla destra)

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- Uno scambio lavorativo di ieri: un cliente volgare e stronzo: "Se la salsa all'avocado (confezionata) faceva cagare questa salsa al formaggio (confezionata) fa vomitare. Sa cosa le dico? Se la infili su per il culo e mi restituisca i soldi." Il sottoscritto: "La salsa al formaggio me la infilo volentieri su per il culo perché magari mi lenisce il dolore causato dalle emorroidi ma i soldi non glieli restituisco." Fine della storia. Tornato in sala ha smesso di rompere i coglioni.

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Nei giorni scorsi è morta Setsuko Hara. Incontrare quel volto fu una vera emozione. Lo splendore dei film di Ozu.

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Un'anticipazione qui.

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Informazioni qui.






lunedì 7 dicembre 2015

L'amica lepeniana e "Eccentrici" di Gemello Alvi


Ho un’amica francese che da sempre vota Front National e anche quando non votava è sempre stata di destra. Cosí come il resto della sua famiglia. Anche se onestamente lei aveva previsto una vittoria su scala molto più ampia in tutta la Francia, ieri era al settimo cielo. Felicissima. Tipo fiammella che corre nell’arco celeste. E io ero molto contento per lei.

Da molti questa mia amicizia è e sarà sempre considerata qualcosa di esecrabile ma m’importa poco. 
Aggiungo: Marionne è molto bella e affascinante e onestamente mi piacerebbe intervistarla.

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Immagino l’umore di redattori e lettori de Il Manifesto ( e di molti altri) di fronte alla sconfitta elettorale della rivoluzione chavista. Io ci provo ma non ci riesco con questi zucconi. Mi scappa solo un sorriso. Non crediate però che io stia con questi fantomatici democratici dell’opposizione venezuelana.

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Uomini del Novecento” lo avevo preferito ma anche questo “Eccentrici” contiene dei ritratti intensi di uomini e donne indimenticabili. 

Trascrivo le chiusure di quattro ritratti che mi sono particolarmente piaciuti:

“Hideki Tojo, primo ministro e capo di stato maggiore durante le innumerevoli battaglie del Pacifico, onorevolmente reclamò a sé l’intera responsabilità della guerra. Con lui il reverendo Hanayama parlò della colossale statua del Buddha di Nara, alta quindici metri e fusa milleduecento anni fa in lega di bronzo e ora, pesante cinquecento tonnellate. Gli spiegò che quella statua non è chiamata grande per la sua mole. Ma perché quando il Buddha apparve in questo mondo ne apparve un altro nel mondo della luna, e in ognuno die mondi che sono tra le stelle. Lo commosse dicendogli che la loro somma è il grande Buddha, e che quella statua fu fatta perché tutti se ne ricordassero. Poco prima che Hideki Tojo venisse impiccato, dissertarono con calma assieme sulle credenze degli indigeni della Siberia, i quali giudicano che tutte le cose vivano e che pure gli alberi piangano, respirino, tossiscano.” (Shinsho Hanayama, Buddhista, pp. 40-41)

“Dal 1933 al 1935 patí il delirium tremens. Ritornò senza soldi all’infanzia, e recitò parti infime, impassibile. Anche in quella primavere del 1940, quando girava per strada con le mani in tasca, e s’accorse che una ballerina ventunenne sorrideva a qualcuno. Abbisognò di qualche minuto per capire che sorrideva proprio a lui. Abbassò le sopracciglia e si risposò. Recitò anche per la televisione e in una sceneggiature di Beckett senza sapere, come si richiedeva, quanto faceva. Quindi recitò nel circo Medrano a Parigi, applaudito, come nel 1963 a Venezia. Neppure lí sorrise. Da subito, bambino in volo piroettato per aria, ben intese che non vi sarebbe stato molto di cui ridere.” (Buster Keaton, Imperturbabile, pag. 148)

“Fino all’umanissimo ristorante dove l’androginia, quel che d’adolescente estranea al sesso, che era nella Garbo, diede forma perfetta alla ipocrisia di Ninotchka. La quale addirittura a tavola nega d’avere un sesso; una negazione che ancor più eccita Léon d’Algout che la bacia. Ma ancora Ninotcka non cede: resiste anzi a tutte le formidabili battute che Billy Wilder aveva scritto, da nordica ostinata nella noia melanconia che resterebbe tale, finché goffo Léon cade dalla sedia… E la Garbo rise. E risero i clienti finti di quel ristorante, e rise Lubitsch in esilio, e rise l’universo intero. E però senza i Buljanov, i Kopalskij veri, sterminati da Stalini come tutta la prima leva di bolscevichi, fatta di falliti ma uomini di mondo. Seguirono poi Chruscev e Breznev, le anime ottuse di un pigro contadino pervertimento. Ma intanto il marxismo riviveva negli anni ’60 in europa; e ne plasmava le attuali élite, di reduci stanchi. Difficile perdonarli d’essere cosÌ noiosi. Ninotchka apparve nel ’39, dunque nel ’68 il tutto era già imperdonabile. Gli imbrogli del terzo libro del Capitale avevano reso risibile il marxismo teoretico; quello pratico, il moralismo che n’è residuo, sarebbe dovuto finire con la Garbo che ride. L’infossarsi delle sue guance non più inflessibili, nell’abbandono della sua risata, per sempre confermava: “Niente è politica”. (Greta Garbo, Ninotchka, pp. 167-168)

“Calcolò di rifugiarsi dal Dalai Lama in Tibet; attraverso il deserto dei Gobi. Invece una congiura dei suoi ufficiali il 21 agosto 1921 lo consegnò a Scetinkin, capo dei partigiani dello Jenissei. Quando costui gli chiese cosa pensasse dell’Internazionale, replicò: “Per me l’Internazionale è nata tremila anni fa a Babilonia”. Aggiunse di aver trascorso la sua vita a fare la guerra e studiare il buddhismo. “Mio nonno portò il buddhismo dall’India in casa nostra, mio padre e io l’accettammo e lo professammo in Transbajkalia”. Volentieri rammentò d’aver creato un Ordine militare buddhista “per combattere la depravazione rivoluzionaria. Esso  prevedeva uso illimitato di oppio, e la rinuncia al superfluo, secondo le regole del buddhismo della fede gialla”. Fece aggiungere agli atti del processo “Nei testi buddhisti e negli antichi libri cristiani si leggono gravi profezie per il tempo in cui dovrà cominciare la lotta tra spiriti del bene e spiriti del male. Quando la depravazione invaderà il mondo per cancellare la civiltà e negare le diversità dei popoli”. Venne fucilato a trentacinque anni. I mongoli videro in lui la reincarnazione di Gengis Khan. Un libro americano sui vampiri lo nomina, impropriamente, tra i bevitori di sangue.” (Barone Von Ungern, Generale dei Cosacchi, pp. 95-96)

Sul Barone Von Ungern è uscito anche questo libro:


domenica 6 dicembre 2015

Il dolore

Da quando son nato per nascondere il mio dolore devo fingere per non rovinarmi ulteriormente la vita.
Ma fingere provoca altro dolore.
Ascoltare i consigli altrui peggiora solo la situazione.
Aggrava i problemi.
Provoca angoscia.
False aspettative.
Dolore che condiziona le giornate perché mi sento quasi costretto a sentirmi in colpa se provo dolore ad ogni respiro.
Le nuove conoscenze sono causa di altro dolore.
La vita è solo dolore.
Ho imparato a conviverci da bambino.
Ci sono giorni come questi che è impossibile riuscirci.


sabato 5 dicembre 2015

Andre Dubus e quello che mi fa tornare in mente Scott Weiland



Mi sveglio con la testa dolorante, il raffreddore e tanta tristezza nel corpo.
Poi comincio a leggere questi racconti.  Il primo "La ragazza carina" comincia così come c'è scritto sotto, con una citazione tratta dall'Apocalisse di San Giovanni.
Leggere Dubus è per me come stendermi su un lettino in un obitorio e farsi squartare centimetro dopo centimetro.
Mi vergogno quasi di me stesso quando lo leggo.
Ho mai pensato di picchiare una donna?
Sì.
L'ho mai fatto?
No, non l'ho mai fatto.
Ma sono stato picchiato da una donna quando mi lesse negli occhi la voglia di spaccarle la faccia.
Non mi opposi ai suoi colpi.
Ai suoi calci.

"Non so come mi sento fino a quando la mia mano non tocca l’acciaio. Questo è sempre stato vero. A volte mi è capitato di avere il raffreddore oppure di incappare in uno di quei giorni dove tutto ti pare difficile e la stanchezza non ha nessun motivo se non il fatto di essere vivo e mi allenavo e non appena mi infilavo sotto la doccia non riuscivo a ricordarmi come mi sentissi prima di sollevare i pesi; era come se quella parte della giornata appartenesse già al giorno prima e adesso stesse iniziando un giorno nuovo. Oppure dopo una sbronza. Alcuni fra i miei amici, e anche mio fratello, fanno quello che si chiama ‘chiodo scaccia chiodo’ e bevono al mattino per smaltire l’ubriacatura, ma io non l’ho mai fatto e non lo farò mai, perché bere al mattino vuol dire giocarsi l’intera giornata, e in ogni caso non sopporto l’odore dell’alcool al mattino e il mio stesso stomaco mi dice che preferirebbe una coca o un frullato, e che si rifiuta di sopportare scherzi come la vodka o anche soltanto la birra.

Ci siamo sbronzati la scorsa notte, dice Alex. E sempre gli rispondo, Chi beve davvero, amico, inizia a farlo a mezzanotte. Ci ripetiamo questa cosa da quando avevo diciassette anni e lui ventuno. Le mattine dopo queste serate, quando riesco ancora a leggere le parole del Boston Globe, ma non a tenerle a mente il tempo sufficiente per comprendere il significato, mi alleno. Se è un giorno in cui non faccio pesi, corro oppure vado alla Y a nuotare. A quel punto la sbornia passa. Anche la nausea. Certi giorni ho pensato che avrei vomitato il pranzo sulla panca oppure sarei riuscito a rimettermi in sesto e, per le prime serie di pesi, mentre sollevavo la sbarra dal petto, anche l’alcol cercava di venire su, e con lui tutto ciò che avevo mangiato durante la notte. Deglutivo e sollevavo il più possibile la sbarra e poi la riportavo giù, e parte del sudore che mi usciva dal corpo era gelida. Poi lo facevo ancora e ancora, aggiungevo pesi, e lo facevo di nuovo fino a quando il cuore non cominciava a pompare, il sangue a scorrermi attraverso i muscoli, l’acido lattico a defluire, il sudore a inzupparmi pantaloncini e canottiera, la panchina sotto la schiena a diventare scivolosa, e poi tutto quel veleno se n’era andato dal corpo. Anche dalla testa. Per il resto della giornata, a meno che non mi succedesse qualcosa di davvero spiacevole, come dichiarazioni dei redditi da compilare o problemi con l’auto, ero assolutamente tranquillo. Perché mi trovo bene con la gente e non vengo trattato come uno qualunque. In questo mondo aiuta essere grossi e forti. Ma non è questo il motivo per cui mi alleno, sebbene non sia una brutta ragione per farlo, cosa che dovrebbe fare riflettere qualche piccoletto. Nemmeno il tempo turba il mio stato d’animo. Nel New England sono abituati sempre a lamentarsi di una cosa o dell’altra. Credo che ci provino gusto a lagnarsi, ha detto una volta Alex, perché a dirla tutta, la verità è che i Celtics, i Patriots, i Red Sox e i Bruins sono tutte ottime squadre da seguire, e siamo fortunati che siano qui, e abbiamo l’oceano e una bella terra per cacciare e pescare e sciare. Non c’è bisogno di essere ricco per avere tutto questo. Ha ragione. Ma non mi lamento del tempo: mi piacciono la pioggia e la neve, il caldo e il freddo, e l’unico effetto che hanno è su ciò che indosso per uscire. Il clima qui è come una donna che passa continuamente da uno stato d’animo all’altro, e lo amo per questo."

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Non mi sono mai un granché piaciuti gli Stone Temple Pilots. Alcune canzoni sono molto belle ma nel complesso i loro dischi mi hanno sempre annoiato. Ma pensare a loro mi fa tornare in mente anni lontani. Quegli anni. Gli anni del collegio. Dei Nirvana a manetta nelle cuffie del walkman. Della mia incapacità di vivere. Di persone che mi hanno scoperchiato un mondo intero. E mi fanno pensare a mia sorella che invece venerava Weiland. Il giorno prima del matrimonio mi parlò proprio di alcune loro canzoni che aveva ritrovato in vecchie cassette registrate per lei da un suo ammiratore.  Io non riesco quasi più a toccarle quelle vecchie cassette. Ognuna ha una storia. Me le registravano compagni di classe, amici sul treno, persone speciali. I titoli scritti a mano, le differenti calligrafie, i pensieri. La camera ardente di mia madre fu allestita nella stanza dove abbiamo dormito per anni io e mia sorella. La svuotammo e ammassammo tutte le nostre cose in altri spazi della casa. Quella notte ritrovai una cassetta con una dichiarazione d'amore di una ragazza che non vedo da quasi vent'anni. Ricordo quanto fui intimidito da quelle parole d'amore. 
Su quella cassetta c'era questa canzone.


venerdì 4 dicembre 2015

"Il paradiso degli animali" di David James Poissant (NNE)


Sono sedici racconti quelli che ho trovato leggendo  "Il paradiso degli animali" di David James Poissant (NNE, traduzione di Goia Guerzoni). Non ne sapevo nulla di questo libro, stavo  semplicemente gironzolando per la libreria alla ricerca di racconti. Volevo racconti. L'ho aperto e sono rimasto fulminato dalla fine del secondo racconto: "Il braccio" e a questo punto l'ho comprato. Avevo bisogno di un libro come questo. Avevo bisogno di qualcosa che mi ricordasse la prima sigaretta, il primo tradimento, il senso di abbandono, l'accompagnamento di un malato verso la morte (provate a leggere "Come aiutare tuo marito a morire"), la ferocia bellezza che mi trasmettono gli animali, ogni volta che ci ho a che fare, lo sconforto per l'ennesimo fallimento, miracoli, la solitudine dolorosa, l'omosessualità respinta, l'inspiegabile che cova dentro l'esistenza, i boccioli di violenza che stanno nel nostro cuore, l'eterna possibilità di una rinascita, il trascinarsi giorno dopo giorno, i legami familiari in dissoluzione. E tanto tanto altro. Me li sono sentiti sulla pelle questi racconti. In gola. A un certo punto mi prendevano dentro a tal punto che mi sono sentito quasi come sul punto di vomitarli mentre li leggevo. 

"La natura è un cazzo di mostro" (pag. 294)