"CasaPound non s'addormenta mai completamente: c'è sempre qualcuno pronto ad aprire il portone di legno del grande atrio o a serrarne le doppie porte di metallo che, in caso di pericolo, proteggono i suoi occupanti. La Casa è come un grosso cane da guardia, sempre con un occhio aperto. Anche la sua struttura architettonica, razionalismo di travertini squadrati e funzionali che si staglia con prepotenza in un quartiere umbertino e decadente, l'Esquilino con i suoi palazzi monumentali dagli intonaci scrostati, suggerisce marzialità e rigore. Questa sensazione è amplificata al massimo dall'insegna di marmo bianco alta un metro e mezzo, che campeggia sul faccia: CASAPOVND, sembra dire, è qui per sempre." (pag 24)
Sgomberiamo subito il campo da eventuali dubbi: "Nessun dolore" opera di Domenico Di Tullio (Rizzoli, 2010) non è un'indagine giornalistica sul mondo nero, non è un'atto d'accusa a CasaPound, non è un romanzetto spensierato che prende a pretesto quel determinato mondo per poi trasformarsi in lucchetti e bacetti caramellosi, non è narrativa confezionata in qualche talk show fintamente eretico e non è nemmeno un noiosissimo monologo ribellistico all'Ascanio Celestini in versione nera o la confessione di un eventuale distacco.
Domenico Di Tullio è l'avvocato di CasaPound, ha pubblicato per Castelvecchi "Centri sociali di destra. Occupazioni e culture non conformi" ma soprattutto è un uomo che respira l'aria di quegli ambienti, che ne condivide gli ideali, che non si fa scrupoli benpensanti nel raccontare quel mondo. Insomma uno che le cose le conosce bene e che è riuscito a scriverne con testa e cuore, con ardimento e sentimenti, con notevole sensibilità letteraria. Uno che per quanto mi riguarda ha scritto una delle opere più intense e fisicamente prosciuganti uscite in Italia negli ultimi anni. Già prevedo che qualcuno stia storcendo il naso, incazzato dal fatto che io possa applaudire un'opera che non condanna affatto CasaPound e Blocco Studentesco ma che ne racconta la storia con passione e coinvolgimento, che trasuda da ogni pagina fascismo del terzo millennio (e tanta tanta Roma) e dove si può leggere con affetto e partecipazione di un gruppo come gli Zetazeroalfa, del fondatore Iannone, di un locale come il Cutty Sark a Roma. Se vi state scocciando cavoli vostri ma ricordatevi bene che annovero fra i miei scrittori preferiti gente come Céline, Brasillach, Hamsun, Drieu La Rochelle, Nimier, Bukowski, Pound, Gaureschi, Waugh, Dantec che di sinistra proprio non erano (e non sono) e che soprattutto non gradisco che ci sia qualcuno a farmi la morale, tantomeno a proposito di gusti artistici e frequentazioni di persone. Ed è anche per motivi artistici che ho sempre guardato, pur partendo da storie diverse e rimanendo su posizioni opposte, con curiosità a questa realtà che ebbe il coraggio di intitolarsi a uno dei più grandi poeti della storia, per non parlare del simbolo di CasaPound, la Tartaruga: "Il simbolo di CasaPound è la tartaruga: un animale che ha la fortuna di portare sempre con sé la propria casa. Perché chiunque dovrebbe averne una." (insieme alla Salamandra), che è uno degli animali più belli in circolazione.
Durante la lettura è facile che qualcuno di voi si scontri (a me è successo) con questo fascismo del terzo millennio, con le sue idee sull'immigrazione, la nazione, lo stato, il lavoro, l'immigrazione e poi il vitalismo, l'ebbrezza della fisicità, della violenza. Dovrete anche scontrarvi con alcuni fatti, con alcune storie, con alcuni personaggi, con un certo mondo, descritti questa volta da chi non ha quasi mai spazio per raccontare, per far sentire la propria voce.
Fatti, episodi, scontri che tendenzialmente sono narrati con una chiave di lettura di sinistra o di quella della democrazia o della magistratura e raramente di destra. Sempre che voi siate di sinistra o pseudodemocratici. Spero che leggendo questo libro riusciate a capire che anche dall’altra parte ci stanno persone che sanno leggere, scrivere, pensare (uno come Avgvsto non è per niente un ignorante e se vi interessa qui c'è la sua intervista a Di Tullio), fare 2 + 2, che sanno innamorarsi, che sanno pensare, che sanno stringere amicizie, che studiano, che soffrono, che hanno principi, dignità, sogni, dolori. E che non sono soltanto un massa di bruti, crani rasati, deficienti, teste di cazzo e magari circondati da fascistelle di destra. Se però non non avete voglia di sporcarvi o di bagnarvi il cuore, il corpo, le ferite, se non volete riempirvi di dubbi, di scontro e confronto, di strade alternative, allora lasciate da parte questo libro, cercatene un altro più accomodante, cercatene altri, cercate sempre e comunque qualcosa che vi rispecchi, che non faccia che raccontarvi sempre la stessa faccia della medaglia, quella giusta per presunzione.
“Nessun dolore” non è un capolavoro e infatti nel libro talvolta si sente il peso di alcune ripetizioni e passaggi meccanici e anche di taluni sguardi semplicistici sulla parte avversa (che è una delle pecche costanti in opere del genere) che stilisticamente si sarebbero potuti ripulire e/o migliorare ma mi è capitato davvero raramente nel panorama italiano di leggere un libro dotato di un tale sguardo sfrontato, coraggioso nel raccontare, anche in maniera sbruffona, qualcosa che secondo tutti i comandamenti del politicamente/costituzionalmente/sinistramente corretto non si dovrebbe mai raccontare.
Come se la letteratura, l'arte dovrebbero sottostare a comandamenti...bah....
Tutto ciò non significa cambiare le proprie idee, anzi, liberissimi di continuare a disprezzare le idee di CasaPound, a contrastarle, a immaginarne e pensarne di nuove...come accade al sottoscritto.
"L'avventura era iniziata quasi dieci anni prima: un gruppo di amici, provenienti da varie e diverse esperienze politiche, zone, estrazioni sociali, che si incontravano in un piccolo pub vicino al Colosseo. Un gruppo davvero eterogeneo, i cani sciolti, gli eretici matti, i transfughi di tutti gli altri movimenti: i principi dei rompicoglioni riuniti tutti insieme. Un'accozzaglia chiassosa e spavalda, innamorata delle nottate di bagordi e dell'avventura, che non si tirava mai indietro se c'era da menar le mani o bere una pinta. Il paragone con una ciurma di pirati fu immediato, la primissima bandiera appesa alle pareti il Jolly Roger bianco e nero. Il pub divenne presto una zona franca, dove tutti si ritrovavano a metà della notte, si facevano un numero variabile di medie chiare e passavano il buio, senza preclusioni e pregiudizi. Alcuni di loro avevano formato una band dal nome criptico ed esoterico, la cui prima vera azione era stata tappezzare la città di manifesti e adesivi che ripetevano solo ed esclusivamente: "Zetazeroalfa". (pp. 62-63)
Domenico Di Tullio è l'avvocato di CasaPound, ha pubblicato per Castelvecchi "Centri sociali di destra. Occupazioni e culture non conformi" ma soprattutto è un uomo che respira l'aria di quegli ambienti, che ne condivide gli ideali, che non si fa scrupoli benpensanti nel raccontare quel mondo. Insomma uno che le cose le conosce bene e che è riuscito a scriverne con testa e cuore, con ardimento e sentimenti, con notevole sensibilità letteraria. Uno che per quanto mi riguarda ha scritto una delle opere più intense e fisicamente prosciuganti uscite in Italia negli ultimi anni. Già prevedo che qualcuno stia storcendo il naso, incazzato dal fatto che io possa applaudire un'opera che non condanna affatto CasaPound e Blocco Studentesco ma che ne racconta la storia con passione e coinvolgimento, che trasuda da ogni pagina fascismo del terzo millennio (e tanta tanta Roma) e dove si può leggere con affetto e partecipazione di un gruppo come gli Zetazeroalfa, del fondatore Iannone, di un locale come il Cutty Sark a Roma. Se vi state scocciando cavoli vostri ma ricordatevi bene che annovero fra i miei scrittori preferiti gente come Céline, Brasillach, Hamsun, Drieu La Rochelle, Nimier, Bukowski, Pound, Gaureschi, Waugh, Dantec che di sinistra proprio non erano (e non sono) e che soprattutto non gradisco che ci sia qualcuno a farmi la morale, tantomeno a proposito di gusti artistici e frequentazioni di persone. Ed è anche per motivi artistici che ho sempre guardato, pur partendo da storie diverse e rimanendo su posizioni opposte, con curiosità a questa realtà che ebbe il coraggio di intitolarsi a uno dei più grandi poeti della storia, per non parlare del simbolo di CasaPound, la Tartaruga: "Il simbolo di CasaPound è la tartaruga: un animale che ha la fortuna di portare sempre con sé la propria casa. Perché chiunque dovrebbe averne una." (insieme alla Salamandra), che è uno degli animali più belli in circolazione.
Durante la lettura è facile che qualcuno di voi si scontri (a me è successo) con questo fascismo del terzo millennio, con le sue idee sull'immigrazione, la nazione, lo stato, il lavoro, l'immigrazione e poi il vitalismo, l'ebbrezza della fisicità, della violenza. Dovrete anche scontrarvi con alcuni fatti, con alcune storie, con alcuni personaggi, con un certo mondo, descritti questa volta da chi non ha quasi mai spazio per raccontare, per far sentire la propria voce.
Fatti, episodi, scontri che tendenzialmente sono narrati con una chiave di lettura di sinistra o di quella della democrazia o della magistratura e raramente di destra. Sempre che voi siate di sinistra o pseudodemocratici. Spero che leggendo questo libro riusciate a capire che anche dall’altra parte ci stanno persone che sanno leggere, scrivere, pensare (uno come Avgvsto non è per niente un ignorante e se vi interessa qui c'è la sua intervista a Di Tullio), fare 2 + 2, che sanno innamorarsi, che sanno pensare, che sanno stringere amicizie, che studiano, che soffrono, che hanno principi, dignità, sogni, dolori. E che non sono soltanto un massa di bruti, crani rasati, deficienti, teste di cazzo e magari circondati da fascistelle di destra. Se però non non avete voglia di sporcarvi o di bagnarvi il cuore, il corpo, le ferite, se non volete riempirvi di dubbi, di scontro e confronto, di strade alternative, allora lasciate da parte questo libro, cercatene un altro più accomodante, cercatene altri, cercate sempre e comunque qualcosa che vi rispecchi, che non faccia che raccontarvi sempre la stessa faccia della medaglia, quella giusta per presunzione.
“Nessun dolore” non è un capolavoro e infatti nel libro talvolta si sente il peso di alcune ripetizioni e passaggi meccanici e anche di taluni sguardi semplicistici sulla parte avversa (che è una delle pecche costanti in opere del genere) che stilisticamente si sarebbero potuti ripulire e/o migliorare ma mi è capitato davvero raramente nel panorama italiano di leggere un libro dotato di un tale sguardo sfrontato, coraggioso nel raccontare, anche in maniera sbruffona, qualcosa che secondo tutti i comandamenti del politicamente/costituzionalmente/sinistramente corretto non si dovrebbe mai raccontare.
Come se la letteratura, l'arte dovrebbero sottostare a comandamenti...bah....
Tutto ciò non significa cambiare le proprie idee, anzi, liberissimi di continuare a disprezzare le idee di CasaPound, a contrastarle, a immaginarne e pensarne di nuove...come accade al sottoscritto.
"L'avventura era iniziata quasi dieci anni prima: un gruppo di amici, provenienti da varie e diverse esperienze politiche, zone, estrazioni sociali, che si incontravano in un piccolo pub vicino al Colosseo. Un gruppo davvero eterogeneo, i cani sciolti, gli eretici matti, i transfughi di tutti gli altri movimenti: i principi dei rompicoglioni riuniti tutti insieme. Un'accozzaglia chiassosa e spavalda, innamorata delle nottate di bagordi e dell'avventura, che non si tirava mai indietro se c'era da menar le mani o bere una pinta. Il paragone con una ciurma di pirati fu immediato, la primissima bandiera appesa alle pareti il Jolly Roger bianco e nero. Il pub divenne presto una zona franca, dove tutti si ritrovavano a metà della notte, si facevano un numero variabile di medie chiare e passavano il buio, senza preclusioni e pregiudizi. Alcuni di loro avevano formato una band dal nome criptico ed esoterico, la cui prima vera azione era stata tappezzare la città di manifesti e adesivi che ripetevano solo ed esclusivamente: "Zetazeroalfa". (pp. 62-63)
"Forse non faremo mai la rivoluzione, ma quanto ci stiamo divertendo!"
E quando poco sopra scrivevo di amicizie lo facevo perché sostanzialmente questo libro è un racconto di amicizie e di crescita individuale e collettivo. Se da una parte si narra la genesi e l’affermarsi del movimento di CasaPound, con lo sbocciare delle prime occupazioni, la scelta del simbolo, la spiegazione degli ideali di riferimento, le avventure degli attacchinaggi, gli scontri, i confronti, le iniziative, le sedi, dall'altra "Nessun dolore" è la storia di uomini e donne che intrecciano relazioni d’amicizia, che si riscoprono vivi, che si emancipano, che scazzano fra di loro, che vivono di fedeltà e coraggio, di amore e ideali, di cambiamento e contraddizioni, di stima e silenzio, di carceri e di ribelli birmani, i Karen. Storie profonde, di carne e sangue, come quella dei protagonisti del libro: Giorgio, figlio della Roma popolare, militante di Blocco Studente, con un fratello più grande che ha conosciuto la galera, che vive a Casa Pound e quella di Flavio, figlio della Roma bene, destinato a un mondo di sciate e università e che invece scopre un mondo che sembrava aspettarlo al varco. Due ragazzi che diventano inseparabili, dividendosi fra cortei, concerti, sentinelle, nottate insonni, boccali di birra, scazzi, scontri, discussioni, donne, sesso, fino al giorno in ci Giorgio viene arrestato con l’accusa di aver accoltellato uno di quei pusher che rovinano la vita dei giovani. Verrà difeso da un avvocato, dietro cui si nasconde l’autore, che vive una condizione di sdoppiamento: se da un lato sopravvive come un cadavere della Roma borghese, con la professione giusta, con la fidanzata fica, coi soldi in tasca, dall’altro è un uomo che respira l'ossigeno di CasaPound, che vive a stretto contatto col mondo di destra, che conosce la strada, che vive dentro allo stomaco e ai muscoli il buio dell’anima e di una città in rovina, di un’Italia a pezzi, degradata, distrutta, offesa, invasa. Un uomo che trasuda dolori nelle palestre, stritolato fra la ricerca di una verità che non è affatto quella raccontata dai ragazzi e la fedeltà alle persone che conosce da sempre, ai silenzi che bisogna mantenere, a una storia a cui si appartiene. Un uomo lacerato che a fine libro si trova su un cornicione:
"Perché la vita è un grosso cane bastardo: ringhia a più non posso e morde a fondo i disattenti. Non devi fargli vedere che hai paura prima d'averlo conquistato a pedate e urla. Perché poi, una volta che a deciso che tu sei il suo padrone - chissà perché hai scelto proprio lui, vecchio pulcioso irascibile, con tutti i cani di razza che ci sono - ti da ciò che gli dai e quello che ti prende restituisce in altro modo, fedele in eterno senza leccarti le mani. La ricetta della felicità è semplice su questo cornicione: non è buttarsi e bruciare in un attimo per il proprio autocompiacimento, non è fare il botto per richiamare l'attenzione, un secondo solo, affinché tutto si fermi e ascolti. No, la felicità è rientrare dentro e vivere, affrontare i giorni, accada quel che accada, accettare il tuo destino con coraggio e gioia. Perché quando hai una storia e un mondo a cui appartieni, una comunione di intenti e vita così grande e profonda che niente può scalfirla, quando ti guardi negli occhi e, senza pensare, riconosci accanto a te il fratello, il padre, la figlia, il tuo amore che ti sorride leggere un secondo prima di iniziare la battaglia, non esiste più nessuna paura, non rimane più nessun dolore. (pag. 224)
"Perché la vita è un grosso cane bastardo: ringhia a più non posso e morde a fondo i disattenti. Non devi fargli vedere che hai paura prima d'averlo conquistato a pedate e urla. Perché poi, una volta che a deciso che tu sei il suo padrone - chissà perché hai scelto proprio lui, vecchio pulcioso irascibile, con tutti i cani di razza che ci sono - ti da ciò che gli dai e quello che ti prende restituisce in altro modo, fedele in eterno senza leccarti le mani. La ricetta della felicità è semplice su questo cornicione: non è buttarsi e bruciare in un attimo per il proprio autocompiacimento, non è fare il botto per richiamare l'attenzione, un secondo solo, affinché tutto si fermi e ascolti. No, la felicità è rientrare dentro e vivere, affrontare i giorni, accada quel che accada, accettare il tuo destino con coraggio e gioia. Perché quando hai una storia e un mondo a cui appartieni, una comunione di intenti e vita così grande e profonda che niente può scalfirla, quando ti guardi negli occhi e, senza pensare, riconosci accanto a te il fratello, il padre, la figlia, il tuo amore che ti sorride leggere un secondo prima di iniziare la battaglia, non esiste più nessuna paura, non rimane più nessun dolore. (pag. 224)
Ma questo libro è anche timidamente la storia di una ragazzina, Giulia, divisa e contesa fra Giorgio e Flavio. Una ragazzina dei giri giusti, di sinistra da salottosantoriano e braccialetti indiani, che sulla carta dovrebbe appartenere a tutt’altra galassia esistenziale, che dovrebbe frequentare i collettivi e che invece si sente attratta da un mondo che tutti le sconsigliano di frequentare, un mondo sopra cui è stata apposta una grande ics, un divieto di pensiero, un divieto per lei impossibile da accettare. E il suo sguardo verso i fatti di Piazza Navona, il suo schierarsi emotivamente con i ragazzi di Blocco Studentesco, il suo abbandonare le canzonette dei collettivi, mi ha ricordato me stesso che vince le reticenze e si trova a scrivere su un sito come Lankelot e a confrontarsi con persone di provenienza e formazione opposta alla mia, fino a stringere amicizie che durano ancora oggi. Mi sono sentito liberato dalle catene che mi imprigionavano e finalmente libero da parrocchie a cui prestare giuramento ma anche più solo, in cammino su una strada lunghissima da percorrere. Una strada che non ha mai fine, da percorrere spesso in solitudine. Ma non importa. Io e Giulia continueremo a percorrere questa strada, qualunque prezzo ci tocchi pagare.
"Aux animaux, aux malades, aux prisonniers" (L.F.C)
(Questo scritto che non è una recensione è dedicata al mondo lankelottiano e in particolare a G.F. e F.M.)
"Aux animaux, aux malades, aux prisonniers" (L.F.C)
(Questo scritto che non è una recensione è dedicata al mondo lankelottiano e in particolare a G.F. e F.M.)