
“In realtà, tutti noi vogliamo una stabilità imposta da un
determinato standard, e quella a cui aneliamo è, in fin dei conti, una
certezza. Tutti vogliamo avere la certezza di una vita decent, la certezza
della nostra salute, del successo, della salvezza se siamo cristiani e così
via. Va da sé che un’altra istituzione senza la quale non possiamo immaginare
la nostra vita è l’Assicurazione, divenuta importante proprio per il diffuso
bisogno di sicurezza. Nulla di negativo in tutto ciò, ma visto che siamo
vissuti nel comunismo e nello spazio sovietico e che lo conosciamo meglio,
dovremmo imparare una lezione elementare. L’aumento del grado di sicurezza
corrisponde a una diminuzione del grado di libertà. Una società che ti
organizza la vita dall’asilo nido alla scuola, e dall’assunzione alla pensione
ti offre senz’altro una sicurezza massima, ma una libertà minima. L’unica
dimensione priva di certezza di quella società era quella ideologica, il che
poteva significare non pochi problemi. Per continuare sulla stessa nota cinica,
vi dico che il segmento di popolazione che si inquadrava normalmente in quel
livello era piuttosto ridotto. Gran parte delle persone viveva una vita
relativamente ordinaria, pagando giorno per giorno la sicurezza che lo stato le
offriva rinunciando alla propria libertà. Un determinato tipo di libertà. Perché
oggi aumentiamo i controlli e mettiamo telecamere dappertutto? Perché un dato
nemico, che chiamiamo terrorista, può mettere a repentaglio la sicurezza delle
nostre vite. Ed ecco che rinunciamo ad alcune libertà per godere di una certa
sicurezza. In definitiva, organizziamo il nostro progetto di vita in modo che
sia sicuro, e il risultato è che esso si svolge secondo regole e restrizioni
prestabilite. In altre parole, il nostro progetto non è più così “nostro”, ma
diviene piuttosto il “loro” progetto. Vi darò un esempio. Ho un amico, un
pensatore importante, al quale piace sperimentare le idee più strane. Il suo
progetto di vita è un po’ più ambizioso di quello degli altri. Le case, le
automobili e simili non gli interessano: il suo desiderio è diventare un eroe o
costruire una piramide, proprio come gli egiziani. Sono le sole cose che lo
renderebbero felice. Come ci insegnano i saggi, essere un eroe significa
riuscire a costruire i propri strumenti d’azione, la propria storia
eccezionale: per costruire una piramide le cose si complicano maggiormente,
trattandosi di qualcosa di tangibile. La prima barriera nella realizzazione del
progetto, l’unico che avesse mai desiderato in vita sua, è stato il sistema
burocratico. Il mio amico ha avuto d’un tratto un’illuminazione spicciola: non
c’è modo di diventare un eroe né di fare una piramide, se il primo passo da
fare per realizzare progetti del genere è presentare una domanda in Comune. Un eroe
non presenta domanda in Comune. È aberrante. Pur insistendo e trovando infine
un’amministrazione comunale che gli desse l’autorizzazione a costruire la
piramide, sarebbe comunque arrivato a dipendere da chi gliel’avrebbe concessa. In
parole povere, non sarebbe stato libero di impostare il progetto a suo
piacimento. Se ricordo bene, il primo ad affermare una cosa del genere fu quel
filosofo tedesco che sapeva tutto e che noi chiamiamo “Gheghel”: il sistema
economico moderno e lo stato di diritto non ti permettono più di essere un
eroe. Ora il mio amico ha rinunciato al suo progetto e sta scrivendo un libro
sui dittatori, su quelli come Hitler, Stalin o Ceausescu. Dalle sue tesi,
infatti, emerge che costoro sono stati gli unici uomini liberi del mondo
moderno, perché hanno potuto realizzare i loro progetti di vita. È anche vero
che il resto della popolazione era stato ridotto in sudditanza e aspirava a un
libello di sicurezza troppo elevato. E sembra che anche noi stiamo ripetendo la
stessa storia, senza esserne molto coscienti. A quel tempo c’era un pugno di
uomini liberi e un mare di sudditi. Oggi siamo tutti dei sudditi, ma ci siamo
liberati dei “grandi uomini liberi”. I miei amici hanno subito stappato una
vodka e mi hanno dichiarato anarchico. Con idee del genere, mi hanno
assicurato, in America non puoi fare molta carriera. Li ho assicurati a mia
volta che non aspiravo a chissà quale carriera, perché mi avrebbero tolto quell’ultimo
barlume di libertà che ancora avevo. Magari ho voluto solo fare un esercizio
mentale, però un giorno forse vorrò diventare un eroe, ho detto. Purtroppo dovrò
farmene una ragione, perché non ho alcune possibilità. Persino Ostap Bender ci
ha rinunciato e ha cambiato occupazione, divenendo amministratore di
condominio. Uno che legge la stampa la mattina presto e beve il suo caffettino
nel bistrot all’angolo della strada non ha alcuna chance di diventare un eroe. Specie
se ci lascia anche la mancia. Gli eroi non possono compromettersi con gesti del
genere: dunque, non sarò un eroe. Mi fermo qui. Alla prossima lettera.
Saluti dalle americane contrade da un uomo che lotta per le
idee.
Tuo,
Vasilij Andreevic"
(tratto da "Gli ultimi eretici dell'Impero" di Vasile Ernu (Hacca Edizioni), pp. 189-193)
Explosions In The Sky - "Postcard From 1952"